A fine mese vi sarà il termine della proroga che autorizza il lavoro da remoto. Salvo eccezioni dell’ultimo minuto, questi lavoratori dovranno rientrare
Ad oggi, si può mettere la parola fine sulle vacanze e le ferie di milioni di lavoratori. A meno che non si faccia parte di quella pletora di appartenenti a vecchi e nuovi impieghi che consentono una contingentazione dei propri giorni di vacanza, anche al di fuori del canonico mese di agosto. Ecco dunque che taluni hanno preferito affrontare il rovente caldo della città (tanto hanno ricevuto protezione dall’impianto di climatizzazione di casa o dell’ufficio, principali luoghi di lavoro).
Quello della flessibilità delle vacanze (non solo in termini di giorni, ma in ambito di chiusura degli orari giornalieri anche in termini di ore) costituisce uno status che le nuove professioni avanzati conoscono alla perfezione: come i cosiddetti nomadi digitali, ossia blogger ma anche professionisti che possono svolgere la propria attività ovunque, basta che vi sia disponibile una rete wifi, una presa elettrica per ricaricare lo smartphone e, possibilmente, molto silenzio e tranquillità.
Per i nomadi 2.0 che surfano nell’oceano della tecnologia, è sufficiente l’utilizzo di un notebook e di uno smartphone; niente di più per assolvere alle mansioni di un’azienda o della propria realtà professionale. Se la Rete ha offerto illo tempore un accenno di quella che oggi è riconosciuta come una condizione diffusa, se pur non sufficientemente normata, è solo dalle circostanze della emergenza sanitaria da Coronavirus che è stata assorbita come un rivoluzionario orizzonte raggiunto dal mondo del lavoro.
Ecco dunque che nel vocabolario si è imposto il lavoro da remoto, o meglio, l’erroneo smart working (si dovrebbe parlare infatti di remote working) che ha inizialmente trasferito tra le mura domestiche la gestione di importanti aspetti organizzativi ed economici di un’azienda, affrontata, nelle fasi del confinamento domestico, tra la frenesia dei bambini e attività ricreative per distrarsi dall’allora condizione.
Con la “ripresa”, la riapertura di aziende e imprese che operano in ambiti telematici non ha impedito di tenere a casa molti dipendenti. A lavorare, ovviamente. Oppure trovando soluzioni ibride. Di fatto, il governo ha posto scadenze e proroghe sui provvedimenti regolanti il definitivo rientro. Oggetto dei decreti sono in particolare i lavoratori più fragili. L’ultima proroga, decisa lo scorso maggio, prevede infatti il ritorno negli ambienti di lavoro di circa 800mila soggetti fragili dopo la scadenza del 30 settembre 2023.
Finora, i lavoratori affetti da gravi patologie croniche, caratterizzate da scarso compenso clinico hanno ricevuto diversi gradi di tutele, tanto che il recente decreto ha allungato la scadenza dello smart working, soltanto pochi giorni prima dell’annuncio di fine pandemia da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e le restrizioni messe nero su bianco nella Legge di Bilancio 2023.
Ciò che fino alla scadenza sarà superfluo, dal 1° ottobre sarà indispensabile per il lavoratore che intende lavorare da casa: occorreranno infatti accordi individuali tra l’impiegato e il datore di lavoro dell’azienda. Eppure non mancano le eccezioni all’ultimo provvedimento: la scadenza slitta al 31 dicembre per i lavoratori fragili con figli under 14 e per i dipendenti particolarmente esposti al contagio.