Il Fisco prevede queste tutele normative nei confronti di quei debitori alle prese con importi troppo alti da consentirne la restituzione. I dettagli
Tornati dalle vacanze, finite le ferie per molti lavoratori già al loro posto di impiego, la ruota della routine riprende a girare, rimettendo in moto anche il calendario degli impegni previdenziali e fiscali. Anzi, per la verità, occorre immediatamente constatare il termine di un appuntamento come la consegna dei ratei delle pensioni presso gli uffici postali. Pertanto, la prassi è stata ad oggi esaurita nei confronti dei pensionati.
Un ritorno previdenziale non affatto negativo, dal momento che alcuni percettori hanno trovato interessanti maggiorazioni all’interno dei loro cedolini INPS. Si sta parlando in particolare dei percettori di pensione minima, la quale, proprio da questo mese, si confronta con le rivalutazioni degli importi promesse sin dallo scorso gennaio, dalla legge di bilancio 2023. Gli adeguamenti ISTAT hanno riguardato due indici di rialzo, di cui quello dedicato alla revisione dei ratei per i pensionati over 75 porterà la somma sulla soglia dei 600 euro mensili.
Sotto un altro fronte, però, almeno fino alla fine dell’anno, i cittadini in qualità di contribuenti debbono confrontarsi con il pagamento dell’imposta IRPEF. Ovviamente, non si sta parlando di una lunga scadenza, bensì del processo di rateazione diffusamente abbracciato (quale opzione) dai soggetti alle prese con l’ultima presentazione della dichiarazione dei redditi.
L’imposta relativa alle persone fisiche, dopo le rate di luglio e agosto, richiama l’attenzione sull’appuntamento del calendario fiscale: la rata di settembre, appunto. Non bisogna dimenticare, che in tale contesto, per il primo anno di intestazione, i titolari di partita iva sono chiamati a versare due volte la percentuale di tasse: una prima volta per gli effettivi introiti relativi all’anno di imposta (quindi, all’anno precedente alla dichiarazione); una seconda volta, l’acconto presuntivo sull’IRPEF dell’anno di imposta successivo.
Casomai l’acconto riveli degli importi in eccedenza rispetto a quanto poi si incasserà, questi verranno inclusi nel credito di imposta, rimborsato dall’INPS per conto dell’Agenzia delle Entrate, direttamente in busta paga, o in altri casi sul cedolino della pensione, per esempio. Ma quando il discorso volge alle tasse, non si può far a meno di occuparsi degli importi non versati allo Stato, dei debiti che migliaia di cittadini debbono attualmente alle casse del Fisco.
Le periodiche rottamazioni delle cartelle fiscali cercano venire incontro alle esigenze di entrambi gli attori (lo Stato circa la riscossione, il contribuente circa una modalità per restituire almeno in parte il debito) fornendo al cittadino delle condizioni vantaggiose per il pagamento delle somme non versate. Non mancano però cittadini che sono pesantemente indebitati e le loro possibilità di rifondere il debito siano pressoché compromesse, nonostante il pericolo di procedere nei loro confronti con il pignoramento dei beni.
In tal senso, il Fisco attiva, nei casi già delicati, la legge salva suicidi. Essa norma la procedura di sovraindebitamento. Richiamandosi a tale legge, i tribunali hanno sottratto negli anni migliaia di debitori dalle situazioni che alimentavano il sovraindebitamento, senza che vi sia alcuna restituzione o contropartita. In alternativa, un giudice può decidere per un’importante riduzione del debito, pari all’80% del totale, nel quale il creditore può trovare soddisfazione anche dal parziale pignoramento di uno stipendio o di un immobile di scarso valore. Altrimenti si propende per la cancellazione totale, l’esdebitazione totale, purché l’indebitamento non sia la conseguenza di un grave comportamento doloso.