Questo requisito inderogabile sarà determinante per fruire dell’articolato bonus edilizio ora ridotto nella quota della detraibilità del 90%
Negli ultimi due mesi è stata l’anomala stagione estiva a richiamare l’attenzione sulla spinosa questione climatica. I capitali precedenti sono stati affidati all’inverno, con le anomale temperature ben al di sopra della media stagionale, ma sotto l’appendice della crisi energetica apertasi con il conflitto in Ucraina. Nonostante il risparmio sui metri cubi dei gas sia stano notevole, ciò non ha evitato il recapito di bollette energetiche che hanno infierito sui redditi dei cittadini e delle imprese.
Il taglio sul fabbisogno del gas, ha stimolato, sul piano delle alternative, il consumo di elettricità, il quale rappresenta la “spesa” di riferimento nel corso delle stagioni più calde. La casa diviene il luogo per eccellenza degli esborsi, dal momento che gli elettrodomestici più classici sono altresì i più energivori. Frigorifero, lavatrice, lavastoviglie, forno elettrico e asciugacapelli sono i maggiori responsabili della corsa del contatore elettrico, ma a capeggiare sui consumi resta il condizionatore.
Si spera, in termini generali e diffusi, che gli interventi edilizi effettuati in massa all’interno delle abitazioni degli italiani abbiano dato i loro frutti nell’ottica della coibentazione anche con il flusso di aria fresca prodotto dalle ventole dell’impianto di climatizzazione. Sì, perché con le temperature tropicali che hanno colpito il Paese, la priorità idrica si declina sia sotto il profilo dell’emergenza ambientale della siccità, sia della disponibilità delle acque per la produzione dell’energia elettrica nelle centrali.
Il riferimento degli interventi edilizi non è affatto casuale: si tratta di quei lavori di ristrutturazione e di aggiornamento dei dispositivi energetici stimolati dalla fruizione del cosiddetto Superbonus edilizio, l’incentivo emesso dal governo Conte per far ripartire il motore economico dopo la stagnazione scaturita dalla epidemia del Coronavirus. Per diversi mesi, i proprietari di immobili hanno beneficiato della detraibilità delle spese al 110%, finanziata dallo Stato tramite sconti in fattura, detrazione nella dichiarazione dei redditi e l’opzione della cessione del credito.
Finiti i fondi statali, operati – anche malvolentieri – gli opportuni rifinanziamenti da parte del governo Draghi, riformulando le norme sul godimento del beneficio, il governo Meloni si appresta alla successiva fase del pacchetto di incentivi edilizi in chiave di sostenibilità ambientale. L’agevolazione, oggi ridotta al 90%, viene destinata ai proprietari di immobili “prima casa” con un reddito inferiore a 15mila euro.
Già a fine agosto, il Ministero dell’Economia ha firmato il decreto per l’erogazione di un contributo a fondo perduto proprio verso i titolari di bassi redditi che hanno richiesto interventi di ristrutturazione su case o condomini, nel corso del 2023. L’attuale fondo di 20 milioni di euro dovrà coprire ora le richieste relative alle spese sostenute fino al 31 ottobre 2023.
Il proprietario richiedente deve effettivamente godere del diritto di proprietà e deve aver iscritto l’immobile come abitazione principale. Inoltre, il Decreto Aiuti quater chiarisce che chi beneficia del contributo ma non ha preso ancora pienamente possesso della casa, è chiamato ad effettuare il cambio di residenza (corrispondente, ovviamente all’immobile sul quale si sta intervenendo) prima della fine dei lavori.