La pensione nel 2024, quali saranno i requisiti previdenziali necessari per quanti finiranno la carriera lavorativa il prossimo anno
Il sistema previdenziale italiano è sempre al centro del dibattito politico tra riforma complessiva e ritocchi delle singole misure, con una discussione continua sul superamento dell’impostazione data con l’impianto Fornero e ancora precedente con Dini. Tutti appaiono insoddisfatti dell’attuale sistemazione, ma le possibilità di un suo abbandono sono ridotte.
Le condizioni economiche difficili, con una perdita del PIL nel secondo trimestre dell’anno, l’alto numero di disoccupati, la precarietà di molte occupazioni si accompagnano alla situazione demografica segnata da un numero sempre minore di giovani e un aumento della popolazione anziana. Quindi le risorse sono scarse e gli interventi non attuabili per far fronte a tutte le richieste di cambiare le pensioni. Le legge attuali sono molto restrittive e nonostante le molte scappatoie, l’uscita dal mondo del lavoro per la pensione si complica con il passare degli anni.
Pensione nel 2024, un dato incredibile
La normativa attuale per l’accesso alla pensione è basata su un calcolo di tipo contributivo puro per chi lavora a partire dal 1° gennaio 1996. Mentre per quanti possono vantare un numero sufficiente di anni di lavoro e di contributi versati negli anni precedenti quella data, il conteggio viene effettuato con il sistema misto (in parte retributivo e in parte contributivo), maggiormente vantaggioso per il lavoratore.
Per i contributivi puri le regole sono stringenti e le condizioni per accedere alla pensione previste dalla riforma Fornero severe. Esiste la pensione di vecchiaia che richiede 20 anni di contributi e almeno 67 anni di età (data anagrafico destinato ad aumentare nei prossimi anni fino ad arrivare a 71 anni e oltre, per la crescita delle speranze di vita). Ma questi non sono gli unici requisiti richiesti dalla norma, ne esiste un altro di grande rilievo.
Per andare in pensione a quell’età occorre avere un assegno pensionistico che sia pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale, altrimenti bisognerà attendere i 71 anni a prescindere da contributi versati e ammontare della pensione. Nel corso del 2023 l’assegno sociale è pari a 503,27 euro, il che significa che per andare in pensione di vecchiaia quest’anno per la legge Fornero occorre avere un assegno che sia pari almeno a 754,90 euro. Ma l’anno prossimo le cose cambieranno.
Le prospettive per il prossimo anno
Come ogni anno tutti i trattamenti previdenziali e assistenziali godranno della rivalutazione al tasso di inflazione certificata dall’Istat. In altre parole tutte le misure erogate dall’Inps verranno adeguato all’aumento del costo della vita per non erodere il loro potere d’acquisto. Un aumento dovuto vista la scarsa consistenza monetaria di varie prestazioni. Tuttavia questo meccanismo ha delle conseguenze anche sulla pensione di vecchiaia contributiva e forse non del tutto positive.
Al momento il tasso di interesse ufficiale al quale saranno rivalutate le pensioni non è noto, ma stando alla situazione inflazionistica attuale non è da escludere che arrivi al 6 per cento. Ciò significa che l’assegno sociale rivalutato potrebbe arrivare a 533,47 euro al mese. Una misura indubbiamente giusta e certamente insufficiente visto il costo della vita, ma con delle conseguenze.
Per la norma vigente la pensione di vecchiaia contributiva si raggiunge tra l’altro con un assegno pari a 1,5 volte quello sociale. Significa che nel 2024 potrebbero occorrere per la vecchiaia contributiva, oltre agli altri requisiti, circa 800,30 euro netti euro al mese di pensione. Qualora non si raggiunga la questa cifra, non resta che attendere i 71 anni di età per l’uscita dal lavoro e pace anche se magari mancavano pochi euro per andare in pensione.