Come fa l’Agenzia delle Entrate a recuperare un debito da un contribuente se questo è nullatenente? Scopriamo insieme la risposta
Sono milioni le famiglie in Italia che vivono in uno stato di povertà: in alcuni casi si parla di povertà assoluta tale che le persone fanno fatica anche a mettere un pasto caldo in tavola. In altri casi si tratta di uno stato di povertà comunque molto difficile da affrontare, fatto di rinunce e, spesso, di debiti che non si riescono a pagare.
Una persona che non possiede praticamente nulla è spesso definita intoccabile se si parla debiti che deve restituire ed è opinione comune che contro un nullatenente non è possibile nemmeno agire per vie legali. In realtà non è proprio esatta questa affermazione dal momento che esistono vari rimedi da parte dell’Agenzia delle Entrate per recuperare il credito di un nullatenente.
La prima cosa che dobbiamo dire è che una persone si definisce nullatenente non solo quando non ha soldi sul proprio conto o beni di proprietà ma anche quando è disoccupata. Il nullatenente, dunque, è anche colui che è titolare di redditi non pignorabili, ad esempio una pensione al di sotto del minimo vitale. Un debitore nullatenente non può essere sottoposto a nessun tipo di pignoramento.
L’Agenzia delle Entrate non può nemmeno pignorare il patrimonio dei parenti del nullatenente in quanto sono dei soggetti estranei al debito. I figli del nullatenente non rischiano nessun pignoramento dei propri beni, almeno fino a quando il padre è in vita. Ma allora come fa l’Agenzia delle Entrate a recuperare un credito da un nullatenente?
L’Agenzia può recuperare il credito da un nullatenente nel caso in cui questa sia una persona furba che è riuscita a nascondere le proprie disponibilità economiche intestandole a qualcun altro. In questo caso l’Agenzia delle Entrate può procedere tramite una azione revocatoria contro il nullatenente che consente di rendere inefficaci, almeno nei confronti del debitore, gli atti con cui il debitore ha disposto del proprio patrimonio, impoverendolo.
Affinché l’azione revocatoria possa essere esercitata è necessario che dall’atto derivi un pregiudizio per il creditore, ovvero deve prospettarsi il pericolo concreto che il debitore adempia l’obbligazione e che l’azione esecutiva intentata nei suoi confronti si riveli infruttuosa; e che il debitore sia a conoscenza di tale pregiudizio. In questo caso possono essere recuperate le donazioni che il debitore ha fatto a titolo gratuito.
Nel caso in cui il nullatenente ha fatto un atto di trasferimento a titolo oneroso è necessario tutelare il terzo che, per acquistare il bene, ha sopportato una diminuzione patrimoniale, ossia ha pagato un prezzo. In questo caso l’azione revocatoria da parte dell’Agenzia delle Entrate può essere esercitata solo se anche il terzo era a conoscenza del pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato alle ragioni del creditore.
Ricordiamo, infine, che nel momento in cui il debitore muore e gli eredi accettano l’eredità, allora a questi sono accollati anche i debiti del soggetto deceduto. Gli eredi, dal canto loro, possono anche decidere di accettare l’eredità con beneficio d’inventario: così facendo, il patrimonio personale dell’erede resterà separato da quello del defunto, con la conseguenza che potrà essere chiamato a rispondere dei debiti ereditari solamente utilizzando i beni dell’asse.