La pensione che può percepire coin 2.500 euro di stipendio, ecco che cosa aspettarsi con una retribuzione simile
La pensione resta per molti una preoccupazione piàù che un sospirato traguardo. Di questi giorni le dichiarazioni di importanti esponenti di governo che preannunciano l’impossibilità di una riforma complessiva del sistema pensionistico nel breve periodo, date le condizioni anagrafiche ed economiche del paese. Un’ammissione di difficoltà che rende l’idea del momento delicato attraversato dall’economia italiana.
Anche i provvedimenti di riforma parziali di misure già esistenti, come Opzione Donna o l’Ape sociale sono messi in discussione, proprio per evitare tagli eccessivi ad altre voci di spesa pubblica. Quindi agli italiani non resta che affidarsi agli attuali strumenti per andare in pensione tenendo conto degli elementi che la determinano: l’età anagrafica, la carriera lavorativa e l’ultima retribuzione percepita. Le soluzioni possibili sono diverse e si modulano sull’opportunità di anticipi e posticipi.
Un modo efficace per avere un’idea del proprio assegno pensionistico è offerta da un servizio di Inps per i suoi utenti: “La mia pensione futura”, un simulatore che tiene conto degli elementi citati in precedenza. Una delle prima e osservazioni da fare è che l’attuale sistema previdenziale contributivo, basato sulle riforme introdotte prima da Dini e successivamente da Fornero, risulta assai svantaggioso per i lavoratori soprattutto per quanti hanno iniziato la carriera lavorativa dopo il 1996.
Con il contributivo puro, l’importo della pensione sarà sempre minore rispetto all’ultimo stipendio percepito prima domanda di pensionamento. Il rapporto tra ultima retribuzione e pensione, tasso di sostituzione, è un dato molto significativo per chiarire a quanto ammonta il trattamento pensionistico. Con il sistema in vigore prima della riforma Dini del 1995, il cosiddetto retributivo, la differenza tra ultimo stipendio e primo assegno pensionistico non superava mai il 20 per cento.
Mentre con il sistema contributivo questo dato supera abbondantemente il 30 per cento. Un lavoratore facente parte del sistema contributivo puro, prende una pensione pari al 60 per cento dello stipendio con 40 anni di contributi. Mentre con 30 anni di contributi, la pensione sarà del 48 per cento dell’ultima retribuzione, quindi meno della metà. Una cifra francamente paurosa, soprattutto per chi ha stipendi e retribuzioni basse.
Ecco qualche esempio con la cifra di stipendio mensile indicata. Un lavoratore con 67 anni di età, 40 anni di contributi e circa 50mila euro di retribuzione lorda annua. In questo caso, attualmente si hanno 14 anni prima del 1996 e 26 successivamente, quindi questo calcolo fa riferimento al sistema misto. L’assegno mensile lordo, in questo caso, è pari a circa 2.900 euro al mese che corrispondono a circa 2mila euro netti di pensione, a fronte di uno stipendio netto di 2.500 euro.
Una pensione di vecchiaia con 25 anni di contributi versati a partire dal 1996, con una retribuzione lorda annua di 50mila euro e 67 anni anagrafici, corrisponde a una pensione lorda di 1.630 euro al mese che sono 1.250 euro netti al mese, la metà dello stipendio.
Altro esempio: un lavoratore di 65 anni di età e 43 anni di contributi che si appresta ad andare in pensione con l’anticipo previsto dalla riforma Fornero e una retribuzione lorda annua lorda di 50mila euro. Gli anni di contributi prima del 1995 sono 17, mentre quelli successivi sono 26 e il calcolo darà un lordo mensile di pensione di 3.100 euro al mese che sono circa 2.100 netti.
Prendiamo un esempio con quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) e lo stesso stipendio netto mensile di 2.500 euro. Con il sistema misto il lordo di pensione corrisponde a 2.765 euro al mese e il netto a 1.800 euro al mese. Infine un esempio con Opzione Donna: una lavoratrice di 60 anni senza figli, 35 anni di contributi e 50mila euro di retribuzione lorda all’anno. La pensione è calcolata tutta con il contributivo che dà circa 2mila euro lordi al mese che sono 1.400 euro netti mensili.