Il 5 settembre potrebbe essere un giro di boa importante per il tema previdenziale. Specialmente per le pensioni anticipate
La riforma previdenziale ormai è attesa da anni. Aspettando che le norme in tema pensionistico si adeguino al nuovo contesto sociale ed economico, ogni anno vengono messe in atto delle modifiche per avvicendare piano piano il mondo del lavoro, e per garantire una forma di assistenza economica a coloro che con la pensione minima hanno difficoltà ad arrivare a fine mese. Il tasso di inflazione sempre maggiore non si riesce a contenere. Neanche con i tagli delle accise e i vari bonus. Nel frattempo c’è una pressione per l’avvicendamento della popolazione lavorativa, che attende il ricambio generazionale.
La nostra è una società decisamente anziana, specialmente in virtù del fatto che nascono sempre meno bambini, ed al contempo la media dell’attesa di vita si allunga. Per questo motivo c’è bisogno di un modo per risolvere il problema del costo delle pensioni e del peso sulle casse statali. In ogni caso si deve ribadire che l’assegno previdenziale non è un regalo, è il riscatto di tutti i contributi sottratti alla busta paga durante la carriera lavorativa.
Pensionati, cosa può succedere il 5 settembre
È da tempo che si attendono delle novità in tema previdenziale, ed ora potrebbero arrivare. IL 5 settembre prossimo, non appena riprenderanno i lavori parlamentari dopo la pausa estiva, il focus all’ordine del giorno è definire il futuro delle misure per la pensione anticipata. La riforma pensionistica che renderà stabili le misure necessiterà di almeno un altro anno di lavoro. Ciò che è sicuro è che il trend precedente, che fa spostare sempre più il sistema verso un contributivo puro, continuerà ad essere attivo. Per il momento i due nodi cruciali sono l’Opzione Donna e l’APE sociale, il cui futuro verrà deciso il 5 settembre prossimo. Anche la Quota 41 potrebbe essere riconfermata.
Si tratta di tutte misure per mandare in pensione alcune categorie particolari di lavoratori prima dei canonici 67 anni. L’Opzione donna in particolare dovrebbe essere rivista. Ad ora, oltre al numero di anni di lavoro svolti e di contributi versati, a determinare la possibilità di andare in pensione tra i 58 ed i 60 anni è il numero di figli che si sono avuti nell’arco della propria vita.
E anche l’eventuale essere caregiver di un disabile convivente. Solo che con opzione donna, a prescindere dal regime previdenziale con cui la lavoratrice ha iniziato la propria carriera, il conteggio per l’assegno pensionistico viene effettuato con il contributivo puro. L’idea è di confermare questa misura agevolata, magari alzando un po’ l’età di accesso a Opzione Donna.
Quota 41 e Quota 103, che fine faranno?
Fino al 31 dicembre 2023 chi ha raggiunto i 41 anni di contributi e i 62 di età può andare in pensione con Quota 103. Per il prossimo anno la misura potrebbe essere ridotta, annullata o riconfermata. Allo stesso tempo anche quota 41, ovvero l’anticipo pensionistico per i lavoratori precoci, potrebbe rimanere in essere. Dunque chi intende andare in pensione il prima possibile dovrebbe senza dubbio segnare sul calendario la data del 5 settembre, in cui tutti questi nodi ed interrogativi potrebbero essere sciolti.