Ecco quanto le quote delle tabelle INPS permettono nel 2023 di ricavare dal trattamento pensionistico del soggetto deceduto. Di cosa si sta parlando
Sono passati pochi giorni dalla conclusione della tornata di consegna delle pensioni INPS per il mese di agosto. Dunque, il calendario rimanda il prossimo approvvigionamento economico per le persone in terza a partire dal 1° settembre. Per ora, non bisogna fare altro che pensare alle vacanze (per chi può) e approntare i momenti della partenza fuori città, se non sono ancora approdati.
Tendenzialmente, quella dei pensionati è la fetta di popolazione che per una parte consistente è meno avvezza alle settimane “fuori porta” dell’estate. Si parla però di varie ragioni: in primis motivazioni di origine economica, non avendo altra fonte di integrazione alimentata dalle proprie capacità personali e professionali; motivazioni di natura fisica, legate a condizioni spesso precarie di motilità e di status psichici senili.
Non è un caso che il trattamento pensionistico INPS costituisce un’inderogabile fonte di reddito, per sé e – non raramente – per taluni nuclei familiari. Come tale, il presente reddito finisce per soffrire dell’alto costo della vita che si registra oggigiorno. Pertanto, a differenza anche degli stipendi (sebbene seguano un processo diverso), l’INPS cura direttamente l’adeguamento degli importi erogati in relazione alla capacità di spesa.
Ecco dunque che nel corso di quest’anno, si sta svolgendo un poderoso lavoro di aggiornamento delle somme percepite dai pensionati. Si tratta dell’aggiornamento ISTAT applicato in base agli indici di spesa e dell’inflazione. Le pensioni ordinarie sono state le prime ad essere state rivalutate, mentre soltanto con i cedolini di agosto sono approdate le integrazioni sulle pensioni minime, previste sin dagli esordi della legge di bilancio 2023.
Pertanto, ad agosto sono apparsi i rialzi dettati rispettivamente dagli indici: +1,5% per i pensionati minimi fino a 75 anni; +6,4% per i percettori over 75, con i ratei mensili che sfiorano i 600 euro. A ciò bisogna aggiungere la mole di arretrati prodotta dai ritardi nelle erogazioni di tali aumenti, oltre conguagli positivi per l’acquisizione più recente delle variazioni ISEE e per fattori in ordine di età.
In tali contesti familiari, l’importanza di una prestazione pensionistica attiva è basilare. Non è inverosimile incontrare circostanza quasi ai margini, in cui la pensione aiuta a vivere persino i figli maggiorenni privi di reddito autonomo o con un lavoro che non garantisce l’autosufficienza economica. Pertanto, oggi scossone di carattere economico e familiare non è privo di tristi effetti: il più rappresentativo è un lutto in famiglia.
Nella fattispecie, al di là dell’ordine affettivo, se il lutto ha investito la salute proprio del pensionato che aveva a carico il resto dei componenti familiari, il cambiamento da parte dei familiari superstiti non economicamente autosufficienti non è privo di conseguenze. Per questo, l’INPS ha previsto che dal trattamento previdenziale destinato all’oramai de cuius, fossero ricavate quote precisamente stabilite da destinare ai familiari a suo carico,
I primi a beneficiare sono l’altro coniuge e i figli; ma se il nucleo a carico è formato da fratelli e sorelle, genitori, saranno loro i destinatati in percentuali stabilite della cosiddetta pensione di reversibilità. Con l’aggiornamento delle tabelle, una pensione del soggetto defunto oscillante tra i 500 e i 2mila euro produrranno quote che sono state rivalutate del 7,3%.
Il calcolo della prestazione di reversibilità andrà così stabilito: se l’assegno mensile loro era pari a 2.100 euro (fino a quattro volte il minimo), il pagamento della reversibilità è pari al 100%; per le pensioni mensili lorde massime di 2.626 euro (fino a 5 volte il minimo), il pagamento è pari all’85%; fino a 3.150 euro (sei volte il minimo), 53%; fino a 4.200 euro (otto volte il minimo), 47%; fino a 5.250 euro (dieci volte il minimo), 37%; oltre dieci volte il minimo, 32%.