La nuova riforma fiscale dovrebbe modificare le fasce di reddito e le aliquote applicate. Questo va ad incidere sugli stipendi
La tassazione Irpef è non solo continuo argomento di discussione tra i media ed all’interno della società civile. Ma è anche frequente perno di propaganda politica. Specialmente quando si parla del cosiddetto ceto medio, meglio identificato con i redditi pari o al di sopra dei 28mila euro annui. Questi rappresentano la principale schiera di consumatori che, a detta di molte fazioni parlamentari, portano avanti l’economia del paese. Dunque rinforzare il loro potere di acquisto serve a rilanciare i consumi.
Ed allo stesso tempo porta con sé la conseguenza che il divario economico tra le classi sociali e lavorative sia sempre più esasperato. Le statistiche degli ultimi anni, non solo dalla pandemia, affermano che la povertà assoluta e la povertà relativa sono in netta crescita nel nostro Paese. E questa triste statistica tenderà ad aumentare quando smetterà di essere efficace il reddito di cittadinanza. Nel frattempo alcuni lavoratori con stipendi piuttosto bassi attendono degli incentivi. Che dovrebbero provenire anche dalla riforma fiscale, ed invece no. Quali saranno le conseguenze sugli stipendi dei dipendenti che la riforma fiscale potrebbe far diventare effettivi?
Riforma fiscale, cosa cambia negli stipendi
Ancora non è ufficiale, ma già dei tentativi sono stati fatti in passato. Le ipotesi per la prossima legge delega in tema fiscale sono le più disparate. È stata vagliata ed approvata una minore pressione fiscale sui lavoratori, ma quali siano nel dettaglio le varie fasce e le percentuali applicate ancora non è chiaro. AL momento presente, le recenti riforme avevano stabilito un sistema a quattro fasce di reddito. La prima, che interessa i redditi da stipendi fino a 15mila euro, prevede un’aliquota del 23%. La seconda riguarda i redditi dai 15mila ai 28mila euro annui. Per loro i vantaggi sono l’aliquota al 25%. Mentre tra i 28mila ed i 50mila la tassazione sale al 35%. E poi oltre i 50mila euro al 43%.
Le ipotesi sono di tagliare le fasce a tre scaglioni. In alcune proposte i redditi dagli 8.500 euro lordi annui ai 28mila euro potrebbero avere un’aliquota al 23%. A salire, fino ai 50mila euro, il 35%. Che raggiunge il 43% al di sopra dei 50mila euro. Le altre due ipotesi sono leggermente dissimili ma comprendono tutte tre soli scaglioni. Alla fine è chiaro verso quali fasce si spostano gli interessi, anche tenenedo in considerazione che la riforma fiscale è una mossa politica centrale.
Chi ci rimette di più
E come al solito piove sul bagnato. Ad ottenere minori detrazioni fiscali sono le fasce più basse, quelle al di sotto dei 15mila euro. Che nell’ipotesi più accreditata addirittura è prevista la stessa aliquota per i redditi tra gli 8.500 euro ed i 28mila euro. Uno scaglione piuttosto ampio, che considerando il valore percentuale applicato, può far variare di molto il taglio del regime fiscale in favore di chi ha un reddito più alto. Queste per ora sono solo ipotesi paventate, ma piuttosto probabili dati gli indirizzi del Governo attuale.