Ecco quali sono le conseguenze normative se non si comunicano al Fisco importi derivanti da fatture in qualità di lavoratori autonomi. I particolari
In questi ultimi giorni di luglio, mentre le temperature stanno arroventando la quotidianità, si sta avvicinando inesorabilmente una scadenza che riguarda i cittadini in qualità di contribuenti. Si sta parlando della data del 31 luglio 2023 e l’adempimento in oggetto è la dichiarazione dei redditi. In effetti, si parla della scadenza definitiva, dal momento che pochi giorni or sono è trascorsa quella del 20 luglio, il termine che consentiva la consegna telematica dei modelli 730 e 740 Unico senza l’addebito di alcun interesse.
La successiva tranche di giorni, ossia dopo il 20 luglio e fino al 31 luglio, comporta una trasmissione dei modelli addebitata di un interesse pari all’1,6%; per quanto riguarda il saldo dell’iva, si applica l’ulteriore maggiorazione dello 0,4%. Dal 1° agosto, ogni altra consegna comporta il pagamento di interessi per ogni giorno fino alla data del primo effettivo e sanzioni calmierate soltanto attraverso lo strumento del ravvedimento operoso.
Partita iva, ci sono sanzioni per chi non dichiara alcune fatture?
Parallelamente, sono iniziati i primi pagamenti da parte dell’INPS, su indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, degli importi relativi ai rimborsi dei crediti di imposta, prodotti sia da somme (entro la franchigia) derivanti da spese oggetto di detrazione, oppure dalla restituzione di importi IRPEF versati in eccedenza con la dichiarazione nell’anno precedente. Si comincia dai contribuenti che hanno inviato la loro dichiarazione tramite i modelli precompilati dalla stessa Agenzia, per poi proseguire, da agosto, con lavoratori e pensionati della compilazione nella modalità classica.
Il contribuente, dal canto suo, deve approntare la prima scadenza relativa al primo pagamento nel caso in cui abbia scelto di versare l’IRPEF secondo il piano di rateazione da 5 o 6 rate mensili, di cui la prima porta la scadenza proprio del 1° luglio. Oltre ai pensionati che ricorrono al modello RED e i tanti lavoratori dipendenti adusi alla compilazione del modello 730, vi sono gli altrettanto numerosi titolari di partita iva, i quali versano direttamente tutti i contributi all’Agenzia delle Entrate.
Partita iva, ecco cosa comporta la mancata dichiarazione di alcune fatture
In effetti, questi ultimi, assieme a molte altre tipologie di lavoratori, non hanno sostituti di imposta e saranno tra il fanalino di coda dei riceventi del credito di imposta: entro la fine di novembre. In questo frangente storico, sono numerose le realtà aziendali che chiedono al lavoratore di aprire una partita iva, anche per ricoprire mansioni in precedenza annoverate nel lavoro dipendente.
Da qualche anno, esiste la possibilità, aprendo una partita iva, di non avere lo storico e pesante ricarico fiscale applicato solitamente ai liberi professionisti. Le agevolazioni fiscali fanno parte del cosiddetto regime forfettario, un’aliquota unica per le nuove attività, i cui compensi non superano gli 85mila euro annui (Legge di Bilancio 2023), mentre per i primi 5 anni la tassazione agevolata è abbassata al 5%.
Proprio gli appartenenti al regime forfettario che non hanno superato ricavi per 25mila euro, saranno gli ultimi che dovranno altresì adeguarsi all’obbligo di fatturazione elettronica esteso a tutti, dal 1° gennaio 2024. In questa modalità la mancata emissione e registrazione di fatture è pressoché impossibile. Ad ogni modo, nell’assolvimento dell’imposta iva, la mancata registrazione di operazioni comporterà una sanzione amministrativa variabile tra il 90% e il 180% dell’imponibile non registrato. Le sanzioni vanno da un minimo di 250 euro ad un massimo di 2mila euro.