Andare in pensione a 60 anni ecco a chi potrebbe accadere, quali sono le proposte per la riforma del sistema previdenziale
Si continua a discutere del futuro del sistema pensionistico in Italia. La formulazione della legge Fornero appare scontentare tutte le parti in causa, ma le possibilità di superare quest’impianto sembrano limitate. La scarsità di risorse disponibili per superare completamente la riforma Fornero rende difficile trovare delle soluzioni durature. Non a caso finora le formula introdotte in questi anni sono tutte provvisorie e destinate ad essere abbandonate.
La possibilità di andare in pensione presto, magari a 62 o 60 anni è una richiesta che i sindacati portano avanti da tempo, una maggior flessibilità soprattutto per i lavori e le mansioni più pesanti, ma da estendere a tutto il mondo del lavoro. Il sistema delle quote a questo proposito sembra un buon punto di partenza della discussione, ma anche in questo caso dipende dalla disponibilità delle risorse.
Pensione a 60 anni, ecco chi potrebbe
Quota 103, che ha preso il posto di precedenti sistemi basati sulle quote, consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età, resterà in vigore fino al 31 dicembre 2023, anche si pensa di prorogarla per un altro anno. Una delle proposte è arrivare alla pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Resta anche in questo caso la questione delle coperture finanziarie.
Secondo i calcoli dell’Inps quota 41 potrebbe costare alle casse dello Stato 4 miliardi di euro il primo anno di attuazione, mentre arriverebbe a costare complessivamente 75 miliardi in 10 anni. Questo dato mostra tutta la difficoltà dell’operazione, che per la Lega si potrebbe risolvere ricalcolando gli assegni in modo contributivo. Il risultato però sarebbe una riduzione della rata pensionistica pari almeno al 15 per cento. Una percentuale tutt’altro che irrisoria.
Altro argomento in discussione la possibilità di reintrodurre quota 96, eliminata dalla legge Fornero, che consente di andare in pensione a 60-61 anni con 35 anni di contributi, lasciando una maggiore flessibilità in uscita per i lavoratori con attività usuranti e gravose. Ma anche questa proposta deve scontrarsi con il vero limite: la disponibilità delle risorse necessaria a garantire la copertura finanziaria delle misure. E non appare facile trovarle.
La previdenza oggi, allo stato attuale
L’Osservatorio Inps ha fornito dei dati molto interessanti sulla situazione delle pensioni in Italia. Le nuove pensioni erogate nei primi sei mesi di quest’anno sono state 370.136 con un calo del 16,6 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La pensione media percepita dai pensionati nel 2022 è stata di 1.180 euro alla decorrenza, mentre i nuovi pensionati nel 2022 sono stati 853.842.
La cifra media percepita per la pensione nei primi sei mesi dell’anno è di 1.168 euro quindi in calo. Come in calo sono le pensioni anticipate, dopo la conclusione di quota 100 e 102. La discussone però non può prescindere dalla condizione del lavoro precario e mal retribuito che determina assegni pensionistici irrisori.
A questo proposito la proposta avanzata dai sindacati è quella di una pensione contributiva di garanzia, connessa ai contributi versati e agli anni di lavoro, che consideri anche periodi di formazione, disoccupazione e basse retribuzioni. Una sorta di integrazione al minimo per il sistema contributivo per garantire una pensione dignitosa con il sostegno della leva fiscale.