Come si può ottenere la cosiddetta pensione minima Inps, vediamo quali sono le caratteristiche di questa prestazione
La fine delle attività lavorative e l’inizio della fase pensionistica è vista da molti come la possibilità di dedicarsi finalmente a sé stessi, ai propri interessi e familiari, dopo lunghi anno trascorsi pensando quasi del tutto agli impegni professionali e con una vita passata nel posto di lavoro. Questa è la descrizione di chi ha vissuto la fase del lavoro fisso, con una carriera durata decenni, alle prese con le stesse incombenze e routine.
Questo quadro è ormai completamente mutato, il mondo del lavoro è divenuto frastagliato e instabile. Lunghe carriere durate decenni sembrano ormai una traccia di una società in via di sparizione. La normalità del lavoro è segnata dalla precarietà. Non casualmente una serie di diritti e conquiste del lavoro, appaiono oggi messe in discussione anche quanti si affacciano alla pensione dopo anni di attività.
Pensione minima dell’Inps a chi spetta
Oggi sempre più la fine della carriera lavorativa non è vista come una logica conseguenza di un percorso, con una pensione che consente una vita dignitosa. Per molti ci sono ansia e preoccupazioni, con prospettive pensionistiche tutt’altro che rosee. Soprattutto per quanti hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, senza una retribuzione adeguata, le prospettive sono sicuramente deteriorate rispetto al passato.
La legge prevede delle prestazioni che contribuiscono a incrementare gli assegni pensionistici più bassi, al fine di raggiungere un minimo considerato dignitoso. Ma questa possibilità non spetta a tutti, nemmeno a coloro che hanno avuto carriere lavorative precarie e retribuzioni ridotte e ai quali spetterebbe un aiuto per affrontare con serenità la pensione.
Il trattamento al minimo può essere richiesto solo in presenza di determinati requisiti. Intanto occorre essere titolare di pensione di vecchiaia, di pensione anticipata, di pensione di reversibilità, di invalidità con l’assegno ordinario di invalidità. La somma minima della pensione è stimata dall’Inps nel 2023 con 563,73 euro, aumentata fino al termine del 2023 a 572 euro e a 600 per gli over 75.
Chi è titolare di uno dei trattamenti elencati e riceve un assegno mensile inferiore al minimo indicato dall’Inps, ha diritto all’integrazione che consente di arrivare a questa soglia. Il requisito essenziale per ottenere questo trattamento è appartenere al regime retributivo o a quello misto. In più per ottenere l’integrazione in misura piena occorre avere un reddito non superiore a 7.328,49 euro.
Altri elementi della minima
Nel conteggio dell’integrazione minima va considerato anche il reddito del coniuge, verificando se la pensione abbia decorrenza prima del 1994. Ma esistono dei casi in cui la pensione al minimo non psetta, anche in presenza di assegni bassi. L’intergrazione al minimo non è applicata se si lavora a partire dal 1996, se si è iscritti alla gestione separata dell’Inps (quindi si è artigiani, autonomi, liberi professinisti, collaboratori, e così via), chi riceve un assegno previdenziale calcolato esclusivamente con il sistema contributivo. Per questi pensionati purtroppo l’integrazione al minimo non è prevista.
Per richiederla gli aventi diritto possono entrare nell’area riservata MyInps del sito dell’Istituto di previdenza sociale con le credenziali Spid, Cie e Cns seguire le procedure online, oppure chiedere l’assistenza di un patronato o di un Caf, o andare direttamente presso una sede territoriale dell’Inps.