Ecco quali sono le conseguenze verso il cittadino con una sua attività privata che elude il pagamento dell’imposta sui redditi. Di cosa si sta parlando
Per molti cittadini le vacanze non sono ancora arrivate, tenute ancora a debita distanza dalle incombenze lavorative e dalla routine familiare, ma oltre alle tremende temperature che arroventano le città italiane, anche per il calendario fiscale e per quello previdenziale non è ancora il momento di raffreddare gli animi. Infatti, soltanto da pochissimi giorni si è conclusa la prima fase dell’adempimento più importante per il cittadino in qualità di contribuente: la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Si tratta effettivamente del primo “step”, sebbene abbia avuto una notevole durata e abbia comportato non certo un minimo coinvolgimento da parte dei cittadini: la raccolta dei giustificativi di spesa oggetto delle relative detrazioni, la compilazione da parte di un servizio di patronato o di un commercialista, l’invio telematico sul sito dell’Agenzia delle Entrate ecc. Nonostante il termine ultimo sia stato, appunto, lo scorso 20 luglio, per i dichiaranti del modello 730 e 740 Unico, si presenta da subito la possibilità di incassare i rimborsi dell’eventuale credito di imposta.
Proprio la scadenza anticipata (il 31 maggio 2023) della presentazione dei modelli precompilati e l’assenza di verifiche (dal momento che la compilazione avviene d’ufficio) hanno consentito di avviare prima del tempo la restituzione delle somme già in questi ultimi giorni di luglio. Per quanto riguarda gli altri contribuenti, la prassi si snoderà da agosto per protrarsi fino alla fine di novembre.
A fanalino di coda dell’ampia platea ci sono i riceventi privi dei sostituti di imposta. Nel frattempo, mentre l’Agenzia fa la sua parte, i cittadini coinvolti verranno impegnati dai pagamenti regolati, in maggioranza, da un piano di rateazione da 5 o 6 tranche, a seconda del periodo della consegna telematica. La prima rata di pagamento, da effettuarsi tramite i relativi modelli F24 elaborati, avrà come data di scadenza proprio il prossimo 31 luglio.
Tra i rimborsi del credito di imposta non vi sono soltanto le somme comprese nella franchigia delle spese oggetto di detrazioni fiscali, ma anche la consueta restituzione degli importi IRPEF relativi ai pagamenti eccedenti dell’anno precedente. Il dichiarante contribuisce al mantenimento dello Stato proprio versando in misura congrua la sua imposta sui redditi in qualità di persona fisica.
Chiunque è in possesso di un reddito, è chiamato a pagare l’imposta. Attualmente è in discussione la riforma IRPEF organizzata in tre scaglioni, compresi quelli legati alle detrazioni. Ogni evasione del pagamento oltre la data di scadenza comporta il carico di interessi di mora e sanzioni: i primi si estrapolano tra le somme dovute e il tempo di ritardo che scorre; le seconde si ricavano dalla gravità della violazione.
Dall’Agenzia delle Entrate seguiranno notifiche e solleciti. Il protrarsi del mancato pagamento finisce per sfociare nel pignoramento dei beni o nelle azioni legali per il recupero degli importi: il primo investe i risparmi (come il conto corrente), immobili e i veicoli; le seconde si traducono in un decreto ingiuntivo o in una sentenza di condanna nei confronti del contribuente. Anche per l’IRPEF a debito esiste un piano di rateazione, come ultima, comoda possibilità prima di rischiare la segnalazione alla centrale rischi della Banca d’Italia (CRIF). Ma il mancato pagamento dell’IRPEF piuò comportare la difficoltà ad ottenere finanziamenti da parte degli istituti di credito.