Ecco come si suddividono i beni lasciati dal de cuius tra gli eredi legittimi in assenza o meno delle volontà scritte. Come bisogna procedere
Mentre ci si sta affacciando speditamente verso le cronache stagionali relative alle vacanze, alle partenze, ai soldi che verranno spesi e non spesi, resta il fatto che la società italiana attraversa questi provvisori passaggi da una cornice di crisi dai tratti più che prolungati. Il caldo rovente che si è abbattuto sulle città italiane può far rallentare i ritmi fisiologici anche delle persone più dinamiche, ma non la marcia erosiva dell’inflazione, dei relativi rischi e priorità ad essa connesse.
Pertanto, soprattutto le famiglie hanno a che fare con dei bilanci domestici condivi che fanno sempre più fatica ad includere sistematicamente tutti i bisogni. Specialmente i nuclei svantaggiati devono vedersela con limitate fonti di guadagno e di reddito che troppo spesso non coprono economicamente la rosa delle necessità e non troppo di più possono fare sussidi e misure di supporto riconosciute dall’INPS.
La partita doppia del sostentamento inizia sin dal consolidamento di un reddito solo all’interno di una famiglia, nel mezzo delle difficoltà di uno dei coniugi ed, eventualmente, dei figli non autonomi. Queste difficoltà diventano barriere quasi insormontabili quando giungono gli imprevisti, o quelle novità di cui ci si augura che approdino nel percorso di vita sempre più tardi: si sta parlando di un lutto familiare.
Nel contesto delle difficoltà sopra descritte, le lacune affettive rappresentano soltanto la punta dell’iceberg per i familiari superstiti che hanno visto venir meno proprio il titolare di quell’unico reddito. Un piccolo aiuto può venire dall’INPS se il de cuius era il titolare di un trattamento pensionistico; per loro che sono a carico, spetta una quota in percentuali prestabiliti, nota come pensione di reversibilità.
La medesima prestazione può essere assegnata ai familiari a carico del defunto quando sono fratelli, sorelle, genitori ancora in vita. Un processo analogo avviene con l’eredità, con poche differenze se il defunto abbia lasciato o meno, nelle mani di un notaio, le sue volontà scritte. Infatti, la normativa è in grado di gestire la trasmissione dei beni in assenza del testamento fino al sesto grado di parentela.
Ad ogni modo, anche quando il testamento è stato depositato, la redazione deve tenere conto degli obblighi di legge in merito alle quote legittime dei beni trasmessi. L’erede, dal canto suo, ha un tempo di dieci anni, per decidere di accettare o meno la sua quota (una ponderazione necessaria se il defunto ha lasciato debiti). Una volta accettata la propria parte, l’erede si prende carico anche di eventuali debiti.
Comunque, l’eredità può essere caratterizzata da momenti topici: tramite una modalità essenziale, nella quale è ribadito il diritto di divisione dell’eredità nella comunione ereditaria; secondo fasi di divisione critica, caratterizzate all’emergere di tensioni di natura giuridica o meno. Anche in una comunità ereditaria, se si vuole che tra i coeredi ve ne sia uno che sia esclusivo proprietario di singoli beni, bisogna procedere con una divisione ereditaria parziale o totale.
Per dividere l’eredità, si può procedere con: una divisione volontaria o contrattuale, ossia un contratto tra coeredi per attribuirsi il controvalore in beni della propria quota pianificata, compresa la trasformazione della propria quota in denaro e l’accordo transattivo per l’appianamento di eventuali controversie; una divisione mediata, la quale regola le condizioni di procedibilità, le competenze dei tribunali e le possibilità di sgravio fiscale per la risoluzione della mediazione; una divisione giudiziale, extrema ratio decisa dal giudice se gli eredi non hanno trovato un accordo. Grazie alla pianificazione ereditaria, si evita dunque di esporre gli eredi a liti e controversie legate all’insoddisfazione rispetto a quanto trasmesso.