Ecco quali conseguenze si attivano al mancato pagamento della tassa relativa alla raccolta dei rifiuti da parte del cittadino inadempiente. Cosa succede
Con la crisi sanitaria innescata dal Covid-19, come si è visto, sono stati innescati all’improvviso fenomeni inediti, sino a quel momento, nell’ambito dell’organizzazione sociale; tra questi, oltre a sperimentare forzatamente le dinamiche – nel bene e nel male – del confinamento domestico, si è entrati in una nuova dimensione della circolazione delle merci. Un processo, quest’ultimo, che oggigiorno è da considerarsi irreversibile.
Non ci si riferisce tanto al fatto che molti negozi, per lunghi mesi, hanno dovuto subire la chiusura per decreto delle saracinesche, eccetto che per i supermercati e altre pochissime e selezionatissime attività ritenute essenziali; quanto piuttosto ha preso vita, senza alcuna fase “empirica” al consolidamento delle merci accaparrate tramite la Rete. Infatti, mentre le strade si svuotavano dei furgoni e dei camion per il trasporto dei prodotti distribuiti dai mediatori dell’ingrosso, sono aumentati a dismisura i fattori circolanti per far pervenire a domicilio le migliaia di scatole di cartone contenenti quanto prenotato e pagato sui siti specializzati nell’e-commerce.
Occorre dire che quella che oggettivamente appare come un’agevolazione verso i consumatori, ha manifestato un altro riflesso di ben altra natura: quello ambientale, con l’aumento smisurato delle confezioni nella “volumetria” stradale dei rifiuti. Tuttavia, negli ultimi anni, la natura delle componenti di un prodotto sono state opportunamente regolamentate per facilitare la collocazione presso i cassonetti e conseguentemente lo smaltimento.
Di fatto, l’esponenzialità di questa stessa merce che oggi si sposta sulle strade e giunge nella fase terminale senza essere giunta alla fine del suo processo di consumo, approda sempre più in anticipo nel percorso di smaltimento presso gli appositi impianti; fino ad intasare appunto il processo. Per non parlare poi dell’ancora eccessivo margine di spazzatura che viene incenerito, privo di alcun intervento di trasformazione per il riuso del materiale, che ancora contraddistingue alcune grandi città.
Il conflitto tra nuovi inceneritori voluti dalle giunte dei Comuni più critici e la cittadinanza attiva che vorrebbe una via che sfiori il 100% di uno smaltimento sostenibile, favorevole al riciclo, costituisce l’odierno limbo che va quotidianamente in scena mentre il clima fa pagare lo scotto delle sue trasformazioni alle società. Tutto questo finisce per riflettersi in termini economici, in particolare attraverso la richiesta della Tari, la tassa municipale sui rifiuti incassata dai Comuni.
Nata nel 2014 per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti prodotti dalle abitazioni private o dalle attività commerciali, l’imposta è dovuta dai soggetti titolari del possesso di locali pubblici e privati, oppure di aree scoperte (parcheggi, piazzali, tettoie, aree con tavolini esterni), dove le attività producono necessariamente rifiuti urbani. Ogni mancato pagamento comporta un ventaglio di sanzione, ma in caso di disservizio da parte del Comune (con la mancata raccolta dei rifiuti, ad esempio), si applica una riduzione dal 20 all’80%.
Al recupero dei debiti relativi alla Tari, viene coinvolto l’Agente della Riscossione del Comune. L’azione coattiva non esclude il pignoramento dei beni, ma non prima della notifica della cartella di pagamento e trascorsi 60 giorni. Il pignoramento investe lo stipendio, la pensione, il conto corrente, gli affitti del contribuente; e può manifestarsi anche con il fermo amministrativo dell’auto. Non si pignora quasi mai un immobile, anche perché la legge vincola la prima casa.