Ecco quali sono le concessioni che la legge offre ai datori nei confronti di questi lavoratori e cosa non possono fare per il fattore anagrafico
Il lavoro rappresenta indubbiamente il tema più discusso nel dibattito pubblico da sempre; anche quando si parla dello spinoso tema delle pensioni. D’altronde non c’è l’uno senza l’altro, e a parte l’attuale contingenza della guerra e della crisi economica, il fattore “lavoro” riveste il ruolo di ingrediente principale per il raggiungimento di un benessere individuale e collettivo. La componente anagrafica non fa altro che trasferire il principio base di sussistenza da un’attività professionale allo status di pensionato.
D’altronde il lavoro è presente quale prima prerogativa nel novero della Carta costituzionale, mentre la pensione non è altro che il diritto connesso nell’ambito dell’ultima e dignitosa fase di una persona, oltre che da lavoratore. Senza lavoro, la previdenza sociale può fare veramente poco ed assegnare magrissimi trattamenti sociali, mentre il soggetto non può che mettersi alla ricerca di misure di supporto economico.
Pur avendo molto lavorato, si rischia di non avere i contributi necessari e ovviamente la pensione. Questo è il pericolo che si corre quando la professione è stata svolta irregolarmente da un punto di vista contrattuale, ossia prestandosi ad un lavoro in nero. Diversamente, i fattori di età anagrafica e degli anni spesi a versare contributi sono essenziali per per ottenere, con il riconoscimento del congedo, un assegno pensionistico tale da affrontare con decoro le sfide poste dalla terza età
È anche vero che spesso si rende necessario ricorrere ad un finanziamento di un trattamento previdenziale integrativo. Indubbiamente, oggigiorno la precarietà e la flessibilità liquida dell’occupazione ha sparso di un maggior numero di ostacoli il raggiungimento del traguardo pensionistico. A completare un quadro critico, le dinamiche economiche del mercato internazionale e la crisi economica.
Non a caso, gli strumenti di sostegno INPS comprendono un vario portfolio di misure relative allo stato di disoccupazione. Si sta parlando delle cosiddette indennità di disoccupazione, come la Naspi e la Dis-coll: sono misure temporanee che hanno una durata minima di erogazione di 6 mesi. A seconda del contratto di categoria di appartenenza la decorrenza può anche aumentare.
In questi 6 mesi, viene elargito dall’INPS un assegno mensile pari al 75% della media degli ultimi 4 anni di busta paga. Dopo il sesto mese di erogazioni l’assegno si decremento del 3% di mese in mese, fino alla scadenza. Si può richiedere già dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Il riconoscimento avviene in caso di licenziamento involontario. Come è noto, un licenziamento – a parte le dimissioni volontarie – necessita di una giusta causa.
In effetti, la Legge Fornero pone un’eccezione alla regola istituendo il cosiddetto “recesso ad nutum“, ossia il licenziamento libero senza obbligo di motivazione, da parte del datore di lavoro. Viene applicato soltanto nel caso in cui il lavoratore abbia raggiunto i limiti di età: 70 anni e 7 mesi di età. Non prima. La Cassazione precisa inoltre che il recesso ad nutum è applicabile soltanto una volta che la prestazione previdenziale è giuridicamente conseguibile dal lavoratore, e non sulla base del semplice raggiungimento dei requisiti anagrafici e contributivi.