I lavoratori che si trovano ad oggi intorno ai 40 anni di età, potrebbero avere una pensione davvero bassa. Quali sono le modifiche in programma sul tema previdenziale
L’incredibile precarietà e flessibilità del mondo del lavoro sta rendendo sempre più difficile andare in pensione. Nonostante le quote di pensione anticipata che sono state introdotte da qualche anno a questa parte come quota 100, quota 102 e quota 103, che vedrà la scadenza al 31 dicembre 2023. Queste misure servono ad avere un maggior ricambio generazionale nel mondo del lavoro ed a mandare i lavoratori in pensione prima dei 67 anni.
Purtroppo, dato che ci stiamo pericolosamente avvicinando ad un sistema puramente contributivo, e date le maggiori frammentazioni della carriera lavorativa, i lavoratori nati a cavallo degli anni 80 che ad oggi si aggirano intorno ai 40 anni di età, potrebbero arrivare ad una situazione previdenziale davvero critica, percependo poche centinaia di euro di pensione in futuro. A meno che non venga improntata una riforma previdenziale organica e duratura. Per il momento si naviga ancora a vista, riproponendo diverse formule di prepensionamento di anno in anno, ed attivando delle facilitazioni quale l’ape sociale e l’opzione donna.
La quota 103 sta per terminare, così anche come l’opzione donna e l’ape sociale. Queste misure di prepensionamento potrebbero dare l’addio definitivo a fine anno. Nel frattempo il governo è al lavoro per improntare una nuova riforma previdenziale in trattativa con tutti gli attori interessati compresi i sindacati. È stato pianificato un calendario per affrontare le varie tematiche quali la flessibilità, l’opzione donna, e la provvidenza complementare.
Il governo si rende conto che la questione pensionistica in futuro vedrà dei pensionati sotto la soglia di povertà. Ed intende correre ai ripari anche su sollecitazione della Corte dei Conti, che in un ultimo rapporto pubblicato sulla finanza statale, ha dedicato un intero capitolo alle condizioni degli attuali quarantenni e la loro prospettiva pensionistica.
L’opzione donna potrebbe andare in pensione definitivamente. Questa misura consentiva alle donne dai 58 anni di età con un minimo di 35 anni di contributi versati di andare in pensione prima del tempo dovuto. Particolare facilitazioni per le donne che hanno almeno due figli. Tuttavia chi decide di andare in pensione con l’opzione donna deve valutare bene l’assegno che gli spetterà dopo l’addio al mondo del lavoro. Con questa misura il calcolo pensionistico è puramente contributivo.
Dato anche il rapporto sopracitato della Corte dei Conti, si ritiene critica la situazione degli attuali quarantenni che hanno una carriera lavorativa frammentata con un reddito lordo annuo inferiore ai 20mila euro. Il rischio è di trovarsi in pensione con poche centinaia di euro al mese, cifra assolutamente insufficiente per uno stile di vita dignitoso.
Questo è il risultato dell’introduzione del sistema contributivo in Italia che è entrato in vigore nel 1996 grazie alla riforma del governo Dini. Si parla dunque di tornare al sistema retributivo, il quale prevede l’intervento dello Stato per gli assegni più bassi, e che comprende una piccola integrazione per arrivare a una soglia minima di assegno pensionistico. Questo si chiamava pensione di garanzia. È al vaglio un ritorno nei prossimi anni.