La nuova riforma potrebbe far perdere ben 300 euro al mese su queste pensioni. Cerchiamo di capire bene cosa sta succedendo
In Italia il sistema previdenziale vive continui aggiornamenti e modifiche e sembra che per i pensionati non ci sia mai tregua. Il nuovo Governo Meloni lavora da mesi su una riforma sulle pensioni, con un occhio in particolare all’età minima pensionabile, pensioni minime, maggiorazioni e molto altro.
Nonostante il grande lavoro svolto dall’attuale governo, restano ancora molto incerti i destini dei pensionati a causa di una possibile retromarcia. A causa del poco successo riscosso dalla Quota 103, introdotta con la nuova legge di bilancio, si sta ripensando di rintegrare nuovamente la Quota 41. Questo però comporterebbe una riduzione su alcune pensioni.
La pensione, come sappiamo, fornisce agli anziani una importantissima fonte regolare di reddito dopo il raggiungimento dell’età pensionabile. Questo reddito mensile permette loro di soddisfare le più semplici esigenze di vita, come pagare le bollette, fare la spesa, pagare l’affitto o le cure mediche. Preoccuparsi costantemente del denaro per sopravvivere è nocivo per qualsiasi essere umano, ma per gli anziani la questione è diversa.
Dopo lunghissimi anni di duro lavoro, di cura della famiglia, una persona ha il diritto di ritirarsi dal lavoro e godersi la vita. Molti anziani durante questo periodo riscoprono il piacere di concedersi del tempo per se e per le proprie passioni. C’è chi ricomincia a viaggiare o ci preferisce far tesoro del tempo che resta per stare con la famiglia. Per vivere questo periodo della vita delicata è quindi necessario che la pensione sia tale da permettere tutto questo.
In Italia il sistema pensionistico è sempre al centro di numerose critiche proprio perché sono milioni gli anziani che devono sopravvivere con pensioni precarie e senza sufficiente assistenza. Il nuovo Governo cerca proprio di lavorare in tal senso a migliorare questo aspetto e concedere delle condizioni più idonee per accedere al sistema previdenziale.
Prima di affrontare la riduzione prevista in futuro sulle pensioni, è doveroso parlare dei due strumenti principali del nostro sistema pensionistico: la Quota 103 (o Opzione 103) e la Quota 41. L’opzione 103 permette di anticipare la pensione di ben 5 anni, andando così in pensione a 62 anni d’età e 41 anni di contributi versati.
La misura con Opzione 41, invece, permette l’uscita dal lavoro a prescindere dall’età anagrafica ma sempre con 41 anni di contributi versati. Nonostante il grande beneficio della quota 41, il pensionato però godrebbe di un assegno con una riduzione che va dal 10 al 16 percento. Attualmente la Quota 41 è prevista per una fascia di lavoratori molto esigua, poiché vi rientrano coloro che hanno maturato almeno 12 mesi di contributi entro i 19 anni, essere parte di una delle categoria di tutela dello Stato come disoccupati, invalidi al 74% minimo, caregiver o lavoratori usuranti.
Nonostante la Quota 41 sia un obbiettivo di legislatura ben fermo per cui si cerca di estendere i benefici a tutti, questa non è stata ancora sottoposta ai sindacati, rimanendo così di fatto una bozza di legge. Fino a quando questa non diverrà legge, il governo pensa di prorogare la quota 103, nonostante il mancato successo sperato: solo 14 mila le domande.
I sindacati premono per velocizzare il procedimento e nel mentre avanzano nuove richieste, tra cui l’uscita a 62 anni di età dal lavoro, maggiori riconoscimenti per il lavoro usurante e gravoso, introdurre la pensione contributiva di garanzia per giovani e lavoratori con carriere discontinue e povere ed infine il riconoscimento del lavoro di cura.