Una notizia che ha messo tensione tra i pensionati italiani, alcuni infatti dovranno restituire ben 12 mensilità della pensione.
Ci sono continue novità in materia di previdenza sociale a causa della riforma al sistema pensionistico attualmente in lavorazione da parte del nostro Nuovo Governo. Un lavoro molto tedioso e che sta facendo sussultare i milioni di pensionati che non riescono ancora a stare al passo con gli aggiornamenti in arrivo ogni giorno.
Da poco più di una settimana è arrivata la notizia che una categoria di pensionati sarà costretta a restituire ben un anno di pensione ricevuto. Il motivo fa riferimento ad un divieto di cumulo tra reddito di lavoro autonomo e dipendente. Facciamo chiarezza su questo punto e capiamo chi rientra tra questi sfortunati pensionati.
Essere un pensionato in Italia non è affatto semplice: tra norme in continua revisione, nuovi sistemi di uscita ed età pensionabile sempre più lontana non è facile stare al passo. L’Italia, infatti, detiene in Europa il primato di nazione con l’età pensionabile più alta, e la pensione più bassa. Sono tanti i pensionati in Italia che devono vivere con una pensione minima in situazioni molto precarie.
La pensione d’altronde serve proprio a questo, a garantire un supporto economico che fornisca all’anziano la possibilità di vivere uno stile di vita dignitoso. Supportarlo in questo aspetto è compito dello Stato, che grazie ai contributi (obbligatori) versati ogni mese potrà fornire, arrivata l’età pensionabile, l’erogazione mensile della pensione.
Questo accade in concomitanza di due fattori: il raggiungimento dell’età pensionabile e la maturazione di un certo numero di anni di contributi. In assenza di uno di questi non è possibile ricevere la pensione. Quando un lavoratore raggiunge una certa età e matura molti anni di contributi può iniziare ad informarsi su come e quando andare in pensione. Ogni pensionato potrà contare su numerosi sistemi, o quote, sulla base delle quali potrà accedere alla pensione.
Oltre alla pensione di vecchiaia (65 anni di età più 20 anni di contributi) il pensionato può scegliere di andare in pensione prima, attraverso il sistema delle Quote 100, 102 e 103. Nell’attuale riforma si sta lavorando anche ad una nuova Quota, 41, ma al momento è ancora una bozza di legge. Ogni quota prevede una combinazione di età minima ed anni contributivi diversa, ma bisogna porre molta attenzione in quanto ognuna di esse prevede delle limitazioni.
È il caso della Quota 100, scelta da migliaia di pensionati, e che prevede il raggiungimento dei 62 anni di età e la maturazione di 38 anni di contributi. I pensionati che scelgono questa quota devono fare attenzione ad un limite, il divieto di cumulo. Divieto che riguarda l’incumulabilità fra pensione e redditi da qualsiasi tipo di lavoro autonomo o dipendente che sia, fino al raggiungimento della età per la pensione di vecchiaia.
Ciò significa che fino ai 65 anni di età il pensionato che sceglie la quota 100 non potrà ottenere alcun reddito da altro lavoro. L’unica eccezione riguarda i redditi frutto di lavoro che riguardi opere di ingegno o diritti d’autore. Anche il lavoro autonomo occasionale è salvo, ma solo per un massimo di 5 mila euro.
Nel caso in cui eventuali controlli evidenziassero redditi incumulabili, il pensionato dovrà restituire i ratei già percepiti, vedendosi bloccare l’erogazione futura per un anno. Questo però sarà valutato da caso a caso, in quanto l’INPS dovrà valutare, sulla base del reddito generato dal lavoro, quale sanzione applicare. Se il reddito dovrebbe essere di poche centinaia di euro, l’INPS non potrà richiedere la restituzione dei ratei nella sua interezza, ma solo per il valore dell’attività svolta.