Una sentanza della Corte di Cassazione che farà discutere, si rischia di non avere il mantenimento in questo caso
Le sentenze dei tribunali talvolta sembrano recepire i cambiamenti che avvengono nella società, cambiamenti di ordine culturale, comportamentale e di costume. Ma al tempo stesso devono rifarsi su una precisa base normativa, per cui l’interpretazione delle leggi e dei tempi può non essere sufficiente per giustificare una decisione del giudice. Per quanto riguarda la giurisprudenza e la legislazione in materia di divorzio e separazione, basta pensare all’evoluzione del mantenimento che non è più semplicemente uno strumento per mantenere il precedente tenore di vita.
Ma è diventato un modo per assicurare un contributo al coniuge che lo richiede di raggiungere un livello di reddito adeguato al contributo dato alla realizzazione della vita familiare. L’assegno di mantenimento ha quindi una funzione assistenziale in continuità con la convivenza e perequativa finalizzata al riconoscimento del contributo dato dal coniuge meno abbiente alla formazione del patrimonio della famiglie e dei coniugi stessi.
Mantenimento decisione della Cassazione
Quindi il mantenimento non ha funzione compensativa per i sacrifici fatti prima della separazione, né risarcitoria per compensare il coniuge dalle conseguenze negative della fine del rapporto di coppia. Questa premessa serve a inquadrare meglio una sentenza della Cassazione che certamente farà discutere in futuro. Secondo l’ordinanza numero 19502 la moglie che rifiuta di occuparsi delle faccende domestiche può perdere il diritto al mantenimento nel caso di cessazione del rapporto di coppia.
La decisione fa seguito al ricorso di un marito che si era opposto all’obbligo del mantenimento della moglie, responsabile di aver trascurato gli obblighi verso le faccende domestiche in virtù della sua nuova fede religiosa. La Cassazione ha accolto il ricorso del marito contro l’obbligo al mantenimento deciso nei gradi precedenti di giudizio, perché la moglie avrebbe “assunto un comportamento contrario ai doveri conseguenti al rapporto matrimoniale”.
Infatti, secondo il Codice civile tra gli obblighi matrimoniali c’è la convivenza, la fedeltà e il dovere di contribuzione con la cura dell’altro e della famiglia anche in proporzione alle proprie possibilità economiche e fisiche. Alla moglie non viene addebitata la separazione a causa dell’adesione alla nuova religione, ma al tempo stesso un credo religioso non può esprimersi in comportamenti in concorrenza con i doveri del coniuge.
Fede religiosa non in concorrenza con il matrimonio
Allo stesso modo la fede e la cultura non può essere una giustificazione per maltrattamenti verso il coniuge. I comportamenti di indifferenza verso il marito e verso la vita coniugale sono incompatibili con gli obblighi di assistenza e cura reciproca previsti dal codice civile nel matrimonio. La legge impone ad ambedue i coniugi l’assistenza e la cura della famiglia attraverso gli effetti del proprio lavoro o mediante le proprie attività fisiche e materiali.
Così un uomo che lavora e lascia senza risorse la famiglia o la moglie può essere condannato per lo stesso motivo. Insomma una sentenza che avrà degli strascichi e che farà di certo discutere, ma che potrebbe fare giurisprudenza e assumere una notevole importanza in futuro in circostanze simili di separazione o divorzio.