La pensione di invalidità INPS può essere sospesa se entrano in ballo alcune condizioni. Ma non sono le stesse per tutti
La questione dell’invalidità in Italia è piuttosto complessa. Il legislatore ha previsto diversi casi in cui i soggetti con disabilità più o meno grave, o completa inabilità, possano beneficiare di alcune agevolazioni, economiche e non. La prima cosa da specificare è che non esiste la pensione di invalidità tout court. Ne esistono differenti declinazioni. La prima differenza da tenere in considerazione è tra l’invalidità civile e l’assegno di invalidità ordinaria. Sono considerati invalidi civili i soggetti che possono dimostrare la completa inabilità con una qualunque professione. La commissione medica INPS deve aver certificato il 100% di invalidità. Più esattamente si chiama invalidità previdenziale. Coloro che hanno i requisiti per ottenerla devono avere un’età compresa tra i 18 ed i 67 anni. Dopo aver superato i 67 anni l’invalidità civile si trasforma in assegno sociale sostitutivo.
La prestazione prevede 13 mensilità e non è reversibile ai superstiti. Esiste un limite di reddito da ripettare per ottenerla. L’invalidità civile parziale è per coloro i quali la commissione INPS ha riconosciuto una disabilità dal 74% al 99%. L’assegno non è reversibile ai superstiti e sulla carta non è compatibile con l’attività lavorativa. Ciò nonostante, l’INPS specifica che se l’impiego consente di avere un reddito inferiore a quello stabilito per poter usufruire del beneficio, esso non figura come lavoro, e dunque dà diritto alla prestazione. Ne possono beneficiare i soggetti disabili tra i 18 ed i 67 anni.
Mentre invece l’assegno ordinario di invalidità è erogato ai lavoratori dipendenti che abbiano una menomazione fisica o mentale che riduca di almeno due terzi la possibilità di svolgere le mansioni lavorative. Il lavoratore deve aver versato almeno cinque anni di contribuzione, di cui tre nel quinquennio che precede la richiesta dell’assegno. Inizialmente riconosciuta per 3 anni, la prestazione è rinnovabile di triennio in triennio. Dopo la seconda riconferma diventa stabile. È ovviamente compatibile con l’attività lavorativa e dà diritto alla reversibilità ai superstiti.
Da questi presupposti risulta chiaro come siano diverse le variabili che danno accesso alle prestazioni previdenziali di cui sopra. L’invalidità deve essere dimostrata con una serie di certificati e documenti, in assenza dei quali può essere sospesa. O anche revocata. Specialmente quando la prestazione è soggetta a revisione. In passato esisteva la revisione obbligatoria tramite visita medica. Al secondo appuntamento mancato la prestazione poteva essere sospesa. Ad oggi il tutto si sostituisce in modalità telematica.
Nel caso in cui sia necessario inviare un documento di reddito attestante le risorse economiche del nucleo familiare, come ad esempio l’ISEE, la mancata presentazione può comportare una sospensione della prestazione. Nel caso in cui i requisiti sanitari siano sottoposti a revisione, è interesse e dovere dell’interessato inviarli entro la scadenza. Nel caso in cui ciò non accada, l’INPS potrebbe bloccare l’erogazione dato che non può più controllare la sussistenza dei requisiti che danno diritto all’assegno mensile. Anche il trasferimento definitivo all’estero fa perdere la pensione.
L’INPS, nell’ottica dello snellimento delle procedure, ha avviato un nuovo servizio online tramite il quale la richiesta di invalidità, la verifica dei requisiti e della documentazione possono essere effettuati direttamente in modalità telematica, senza la necessità di presentarsi a visite con la Commissione medica. Il carteggio deve essere preciso e puntuale e la documentazione medica completa. In questo modo i tempi per la validazione del beneficio potrebbero essere maggiormente ridotti.