Ecco a quale strumento ricorrere per ogni dubbio ed evitare il rischio di vanificare una domanda di riconoscimento ritenuta non pertinente. Come procedere
Nel dibattito sulle pensioni, gli interlocutori non sono sempre i pensionati. Anzi, spesso quando la pensione è interpretata come una preoccupazione per il futuro (giustamente, la previdenza da dedicare al futuro, a partire dal presente) i reali protagonisti della discussione pubblica sono i lavoratori. Ineludibilmente, non c’è pensione senza lavoro, secondo le prerogative costituzionali. Certo, al contempo, per quanto i limiti non siano così generosissimi, vi sono trattamenti previdenziali per un’ampia fascia di potenziali percettori con scarsi requisiti pensionistici.
La congruità resta comunque una discussione aperta, oltretutto inaspritasi dopo il consolidamento del sistema pensionistico in base alla poco apprezzata Legge Fornero. Quest’ultima, opinata dalle opposizioni di tutte le ideologie, ha di fatto superato qualsiasi tempesta che ne minacciava la soppressione. Anzi, ogni promessa di aprire la discussione in Parlamento è naufragata dal fattore tempo: un tempo breve, quello degli ultimi governi, in crisi prima ancora di averla programmata. Non è restato lo spazio di correre ai ripari e agire, per quanto possibile, sulle opzioni di pensione anticipata.
A monte di ogni decisione c’è l’urgenza di aprire delle finestre sul mercato del lavoro ai giovani professionisti; al contempo, occorre agevolare l’uscita di coloro che sono in procinto di ottenere il pieno riconoscimento del trattamento pensionistico, con un congedo anticipato. L’uscita prima del tempo ammette però soltanto contingentamenti ridotti, evitando che si abbatta un eccesso di richieste nei confronti delle limitate casse previdenziali. Ancora una volta, parallelamente, in base all’attuale sistema contributivo, i lavoratori, compresi i più giovani, finanziano le attuali pensioni con gli importi trattenuti a fini contributi sulle loro buste paga.
Da parte delle istituzioni, le riforme avvengono dunque sotto il segno della cautela, con scivoli rapportati all’aspettativa di vita media e ai redditi ottenibili in una vita di lavoro; senza dimenticare il peso dell’inflazione e del costo della vita. Come i precedenti sistemi anticipatori, da questo intento è nata la Quota 103, sistema che consente il congedo antipato una volta compiuti 62 anni di età e versati contributi per 41 anni. Dal 2024, il criterio dell’età verrà abolito per lasciare in piedi il solo tetto contributivo (si parla già di Quota 41). Resta comunque, come un faro, la pensione di vecchiaia dettata dalla Riforma Fornero: 67 anni anagrafici e almeno 20 anni di contributi versati.
La poco rosea condizione in cui versa il mercato del lavoro nazionale ha fatto sì che non vi sia una sparuta minoranza di persone anziane che non hanno raggiunto quegli anni di contributi da versare sufficienti per un rateo pensionistico più che dignitoso. I redditi rimangono molto bassi e l’INPS, per evitare il progressivo impoverimento di tali soggetti, mette a disposizione alcuni strumenti: dal nuovissimo Assegno di Inclusione alla più veterana quattordicesima INPS. La rata integrativa spetta al compimento dei 64 anni di età, ma in possesso di redditi annui nei limiti massimi di 10.992,93 euro, oppure di 14.657,24 euro. Pertanto, rispetto alla tredicesima, non tutti beneficiano di questa prestazione. Per evitare qualsiasi dubbio e incoveniente, non ultimo il fatto di non ritrovarsela nel cedolino di luglio, si può verificare l’ottenimento o meno tramite la consultazione con il modulo OBIS M. Si visualizza dal portale dell’INPS e indica se il pensionato ha diritto o no alla quattordicesima. Per ulteriori incertezze, si rimanda al servizio telefonico INPS Risponde.