L’ammontare del guadagno dell’amministratore di condominio, quanto percepisce questa figura essenziale per i condomini
Occuparsi dell’amministrazione di un condominio non è una faccenda semplice che può essere sbrigata con poche. Presuppone la conoscenza di norme amministrative, tributarie, civili e di quelle in materia di regolamenti condominiali. Non è un caso che la legge prevede che chi intende svolgere in maniera professionale questo lavoro, debba conseguire un titolo di studio e di formazione appropriato.
Sono esclusi così gli amministratori interni, quelli scelti dagli stessi condomini di uno stabile. Sapere quando guadagna un amministratore non è facile, occorre conoscere anche altre informazioni. La cosa cambia se si svolge anche un’altra attività o se si possiede il titolo professionale. In questa situazione si parla di un vero e proprio stipendio che dipende dal numero di condomini che si amministra e dalla loro misura. Un amministratore è obbligatorio per tutti i casi on cui ci siano almeno 8 proprietari di unità immobiliari distinte nel condominio.
L’amministratore viene eletto dall’assemblea dei condomini e rimane in carica un anno. Al momento della nomina deve dichiarare in maniera esplicita, pena l’annullamento della nomina stessa, l’importo del suo compenso. La somma media va da 50 a 80 euro all’anno per unità abitativa più iva. Non ci sono dei tariffari cui far riferimento, quindi è l’assemblea dei condomini a valutare la congruità dell’onorario richiesto.
Se l’amministratore è interno, nello stabile dove vive, può guadagnare fino a 100 – 220 euro al mese con un compenso complessivo annuo di circa 2.400 euro. Lo svolgimento di un’attività professionale con diversi condomini da amministrare allo stesso tempo può portare a guadagnare fino a 4mila euro al mese, con circa 48mila euro l’anno. Come accennato il compenso dipende dal numero delle unità immobiliari da amministrare.
In genere uffici e abitazioni hanno un costo maggiore, mentre box auto, posti macchina, cantine ne hanno uno minore. Le voci di cui è composto il compenso sono diverse e nello specifico una quota fissa per le attività ordinarie di amministrazione del condominio (per esempio le attività di esecuzione delle delibere condominiali).
Poi c’è una quota per le attività straordinarie, con un compenso specifico che può essere richiesto per ogni assemblea straordinaria oppure per l’esecuzione di lavori straordinari. Infine c’è un rimborso per le spese anticipate e per quelle avute nello svolgimento della sua funzione, con prova degli esborsi effettuati.
Le spese condominiali, quelle per le parti comuni, spettano ai condomini in proporzione al valore della proprietà di ciascuno. Questo principio si applica anche al compenso per l’amministratore. Ogni proprietario di unità immobiliare del condominio paga in base al numero dei millesimi tabellari dell’unità di cui è proprietario. Ci possono essere anche accordi tra i condomini che deroghino a queste regole.
Si può decidere in assemblea di non tener conto di queste regole, per esempio, di non pagare in base ai millesimi, ma di dividere il compenso in parti uguali tra i condomini. Nel caso di locazione secondo la Cassazione è il proprietario a dover pagare il compenso dell’amministratore, ma si possono trovare accordi diversi in sede di contratto di locazione, con clausole che prevedono che sia l’inquilino a pagare per intero l’amministratore o al 50 per cento.