Ecco quali margini vi sono nei confronti dei chiamati al pagamento se versano oltre la scadenza prevista dall’imposta. A quali conseguenze si va incontro
In Italia, il settore dell’edilizia rappresenta un settore fortemente trainane sul piano economico. Nonostante il Paese sia una stretta penisola, esso detiene una lunga tradizione di costruzione ed edificazione di edifici, incrementatesi nel giro di un cinquantennio, a partire dal secondo dopoguerra. Pertanto, parlare di edilizia, ed in particolare di edilizia abitativa, induce di conseguenza ad accendere i riflettori sulla casa. In effetti, a livello popolare, la casa è considerata un diritto sacrosanto, anche se non se ne fa alcun cenno nella Carta costituzionale.
Se diritto è, allora quello dell’abitazione non è un diritto per tutti, o in termini meno radicali, non è caratterizzato da un accesso unanime. D’altronde, l’abitare è opinatamente legato alle disponibilità economiche e al reddito. Ma spesso, pur presente e all’apparenza sufficiente che sia, il reddito può obbligare a far invertire la rotta. Lo si è visto anche con la crisi attuale, con il calo a picco delle richieste di mutuo, dovuto all’improvviso rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea, come farmaco per contrastare il decollo dell’inflazione.
Lo scenario continua ad essere quello di una rata troppo spesso inaccessibile, dopo che sono state annullate le reciproche convenienze di prestiti sia a tasso fisso sia a tasso variabile. Un aspetto quantomai sintomatico, se si considera che spesso l’acquisto ad appannaggio dei giovani è sostenuto dalle ultime forze finanziarie generazionali dei genitori. Sempre più spesso, infatti, sono proprio gli intestatari più adulti a farsi carico del finanziamento, anche quando la rata per la restituzione del debito raggiunge punte di 250 euro d’aumento per ogni mese.
Tuttavia, la casa resta un principio nel novero del patrimonio di una famiglia. Alcuni genitori possono approntare una donazione proprio in fase di riconoscimento del prestito da parte di una banca, aggirando in tal modo gli oneri da versare a fronte di una donazione a compravendita conclusa, oltre a risparmiare sulle spese di registrazione di un atto di donazione redatto da un notaio. L’intestazione può però preludere ad un periodo in cui si prosegue ad abitare nella casa della famiglia d’origine e nel frattempo, ricavare dall’immobile appena acquistato una fonte di reddito tramite, tra l’altro, la messa in locazione.
Ma una volta sdoganata la volontà di vivere per conto proprio, dar sfogo al desiderio di autonomia, o a pensare, assieme ad un’altra persona, alla creazione di una famiglia, si affrontano da subito tutte le sfumature che caratterizzano il capitolo di una vita presso uno spazio proprio. Una fortuna che non possono permettersi tutti; come è una fortuna essere in simili condizioni, suggellate dal pagamento di tutte le spese. Come prima casa, sono fondamentalmente gli obblighi del pagamento di un condominio e tutte le spese ordinarie del proprio spazio privato; nessun rischio di pagare l’IMU, l’imposta municipale sugli immobili, a meno che la prima casa non sia una villa, una residenza storica, o altrimenti si posseggano altre pertinenze oltre la prima. Ebbene, con oggi, 16 giugno, scade la prima rata del versamento IMU per le seconde case e per i contratti di comodato e leasing. Cosa comporta indugiare qualche altro giorno prima di pagare secondo il modello F24? Non certo un periodo di tolleranza. Si dovrà provvedere con un ravvedimento operoso, tenendo conto di una sanzione del 30%, ma ridotta: del 15% se le somme verranno versate con un ritardo non oltre i 90 giorni; dell’1%, per ciascun giorno di ritardo, ma non superiore a 15 giorni.