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Unione dei beni: cosa succede poi se divorzi

Quando si apre definitivamente il “confitto” nella coppia, ecco quale destino avranno i beni posti sotto il regime di comunione. Di cosa si sta parlando

Divorzio (Foto Adobe – pensioniora.it)

La casa è uno degli obiettivi primari che ciascun individuo insegue; a maggior ragione quando si è giovani, non si matura soltanto nel corpo e nello spirito, ma si alza l’asticella delle proprie ambizioni e orizzonti di vita, incluso quello di desiderare uno spazio di vita autonomo, uno spazio proprio. Proprio come quello di una casa, diversa da quella del focolare domestico della famiglia d’origine. Ed è uno scopo non facile oggigiorno, sebbene un’impresa non del tutto impossibile. Sicuramente non agevole da realizzare con le proprie sole forze.

D’altronde l’acquisto di una casa rappresenta la finalizzazione di quel desiderio che può indossare le vesti di un sentimento. In tal senso, è l’aspetto pratico che correla una relazione con una persona amata, approdata al punto di decidere di condividere qualcosa di più che semplici incontri: un’intera vita. Da qui, la costruzione di un progetto che non esclude l’allargamento del nucleo oltre la coppia, prevedendo il desiderio della genitorialità e dunque l’arrivo di un figlio. 

Unione dei beni: cosa succede ai beni quando si divorzia

Divorzio (Foto Adobe – pensioniora.it)

La questione “casa” si traduce poi nella trafila per ottenerla. Come anticipato, si tratta di un percorso che difficilmente vede come protagonista unico il soggetto “desiderante”, bensì, oggigiorno, anche la complicità finanziaria dei genitori, dell’una e dell’altra parte della coppia, rappresentanti l’ultimo fronte del risparmio e delle garanzie per richiedere un mutuo presso una banca. Di certo, una volta esser circondati da nuove mura, il rapporto si allarga su molte altre variabili di condivisione.

Prima fra tutte queste variabili, la gestione delle reciproche risorse finanziarie. Una volta che la coppia si è sposata tramite un matrimonio religioso od un’unione civile, la stessa è chiamata a decidere il regime di possesso dei beni: fra comunione e separazione dei beni. La scelta del regime avviene proprio nel contesto conclusivo della cerimonia religiosa o civile; infatti, essa viene annotata sull’atto del matrimonio. Sul piano dei propri risparmi, se si vuole evitare una doppia spesa di gestione dei conti, c’è sempre l’opzione di un conto corrente cointestato.

Il conto corrente cointestato non limita il raggio di azione di operatività se i coniugi hanno comunicato l’utilizzo autorizzativo di firme disgiunte. Per quanto riguarda i beni, dal momento del matrimonio, ogni acquisto comporta il possesso al 50% per ogni bene, da parte di ciascun coniuge. Ma i coniugi condivideranno proquota anche i debiti. La separazione dei beni supera qualsiasi ostacolo di assegnazione, visto che anche in caso di divorzio, i beni sono già stati assegnati. Cosa succede alla comunione dei beni? Il regime viene sciolto già in separazione, almeno per quanto riguarda i risparmi: pertanto, la gestione del denaro è già separata. C’è invece da dividere tutto il resto, trovando un accordo fra le parti per un’equa spartizione: gli acquisti fatti durante il matrimonio, eventuali redditi derivanti dai beni ed eventuali rendite di immobili o titoli; i guadagni da lavoro; le imprese costituite dopo il matrimonio; gli utili e gli incrementi derivanti da aziende nate prima del matrimonio. Anche la casa viene spartita al 50%. Fanno eccezione, invece: i beni di cui i coniugi erano proprietari individuali prima del matrimonio; i beni ricevuti in donazione o in eredità; i beni utilizzati per esercitare la professione; i beni derivanti da risarcimento danni; la pensione attinente alla perdita della capacità lavorativa; il ricavato dalla vendita di beni personali.

Pubblicato da
Roberto Alciati