Ecco quali sono le motivazioni che si celano dietro la verosimile richiesta di restituzione degli importi non dovuti a queste famiglie. Di cosa si parla
In queste settimane l’Agenzia delle Entrate è pienamente impegnata nell’iter della presentazione della dichiarazione dei redditi. Ovviamente parte del più importante impegno fiscale è ricoperta dal ruolo dei contribuenti, di cui la dichiarazione rappresenta un po’ il pensiero fisso di un intero anno: semplicemente perché si fa attenzione a non cestinare quella ricevuta di pagamento o quella fattura riguardante dei costi perfettamente scaricabili nelle detrazioni previste e di cui aspettarsi il rimborso da parte dello Stato.
I contribuenti con una situazione reddituale e patrimoniale piuttosto semplificata hanno sostanzialmente già portato a conclusione l’adempimento; questo grazie all’invio telematico dei modelli 730 precompilati dalla stessa Agenzia, che tra l’altro, oltre alla celerità, consentono di evitare controlli (dato che la compilazione è a carico dello stesso ufficio) e di candidarsi tra le prime file dei riceventi il rimborso del credito d’imposta. Per i compilatori classici, impegnati ad integrare le spese detraibili, il termine ultimo di consegna è il prossimo 30 giugno.
Assegno unico, chi sono i percettori che dovranno ridare soldi
Di fatto, concluso l’intero iter, ovverosia, messa la parola fine anche sul rimborso del credito d’imposta, le tasse incamerate dallo Stato serviranno per finanziare il mantenimento sociale di questo Paese. E a dirla tutta, contribuirà a tale scopo anche l’attuale rottamazione delle cartelle esattoriali, relative ai debiti 2000-2015, fra i mille e i 3mila euro; l’iniziativa dello stralcio sui debiti fino a mille euro rappresenterà, come è stato spiegato dal governo, una politica di risparmio sui costi d’incasso.
Materialmente, questi soldi serviranno per finanziare le molteplici misure economiche erogate dall’INPS, e dunque potranno alimentare le bisognose casse previdenziali. D’altro canto, anche su questo fronte ma in un’altra declinazione, si è resa necessaria una politica di risparmio: è quella testimoniata dal Reddito di Cittadinanza, misura al tramonto almeno nei termini in cui è rimasta nota dal 2019. Dal 1° gennaio 2024, infatti, subentrerà definitivamente la MIA, la misura di inclusione attiva, indubbiamente meno generosa rispetto alla precedente.
La nuova misura riguarda un pacchetto di sottomisure che entreranno nel contesto familiare: potranno essere richieste da tutti coloro che rispondono ai requisiti; non è necessario che all’interno di una famiglia, il richiedente sia uno soltanto. Certo, le sottomisure, nello specifico il Supporto alla Formazione e Lavoro per i soggetti occupabili e l’Assegno di Inclusione per i non occupabili potranno toccare cifre interessanti soltanto grazie alle maggiorazioni legate alla disabilità, alla presenza di minorenni o anziani over 60. Sempre nel contesto familiare, però, prosegue, inclusa la cumulabilità col “nuovo” RdC, l’erogazione dell’Assegno Unico, di cui da marzo ha preso avvio la seconda annualità. Ancora per i richiedenti che inoltreranno la domanda entro fine giugno, c’è la possibilità di ottenere le mensilità di competenza oltre le mensilità arretrate da marzo; restano le competenze correnti, dalle richieste del 1° luglio in poi. Nel frattempo, però, gli accertamenti dell’INPS stanno producendo anche delle richieste di restituzione degli importi già ricevuti: si parla del recupero di sette mensilità pagate da marzo a settembre, integrate erroneamente della maggiorazione di 30 euro. Si prevedono rimborsi nei confronti dell’INPS che possono arrivare a 210 euro a figlio. Alcune verifiche hanno interrotto i pagamenti già da ottobre 2022, soprattutto nei casi in cui entrambi i genitori sono lavoratori; ma molti altri sono andati avanti fino ad oggi.