Questa è la circostanza in cui occorre effettuare questo obbligo per non incorrere in gravi sanzioni per irregolarità commesse. Di cosa si sta parlando
In un frangente storico come quello che si sta vivendo, qualsiasi fonte economica diventa preziosa, a rischio di sostituire la qualità del proprio lavoro, rispetto alle ambizioni e agli orizzonti, con la quantità atta a sbarcare il lunario (anche del superfluo). Ad assumere una veste importante, oltre che ben adatta ai tempi, vi è il ruolo dei risparmi. L’aumento del costo della vita si è generalmente tradotto nel banale quanto realistico assioma: lavorare di più guadagnando meno e spendendo molto di più.
La crisi riassunta nella drammatica fotografia dell’inflazione ha prodotto l’impatto maggiore nelle famiglie più svantaggiate, dove il reddito è insufficiente, quanto lo è il coinvolgimento nel tessuto professionale. D’altronde il mondo del lavoro deve combattere giorno per giorno con le statistiche della disoccupazione, vero tallone d’Achille di un Paese che ha fatto del lavoro la sua prima prerogativa nella Carta costituzionale. A dimostrazione di questa antinomia vi è l’esercito di percettori di indennità di disoccupazione, quali la Naspi e la Dis-Coll, e sussidi come il Reddito di Cittadinanza.
Al pari della presenza di un reddito insufficiente in famiglia, c’è sola la mancanza di un reddito; basta immaginare il quadro familiare dove i componenti del nucleo sono economicamente non autosufficienti, a carico di quel titolare rappresentante la sola fonte reddituale; ora, quando questo intestatario viene meno, il ciclone finanziario all’interno del nucleo familiare è inevitabile; si sta parlando dell’inesorabile lutto in famiglia. In determinate condizioni, però, non c’è da disperarsi del tutto.
Nel contesto in cui il de cuius abbia rappresentato l’intestazione di un trattamento pensionistico erogato dall’INPS, allora lo stesso ente previdenziale viene in soccorso dei superstiti a carico; l’ordinamento in materia prevede infatti che a questi ultimi venga concessa una quota del trattamento del defunto per ciascun familiare, sulla base di percentuali prestabilite dalle tabelle INPS: la cosiddetta pensione di reversibilità. Se il nucleo a carico non è composto dall’altro coniuge e da figli, ma da sorelle, fratelli e genitori, godranno questi delle percentuali della trattamento di reversibilità.
Si tratta di un sostegno per nulla di secondo piano, capace di recepire l’integrazione con altre misure cumulabili (si pensi al succitato RdC, all’Assegno Unico per le famiglie, oltre a piccoli aiuti aggiuntivi come la Carta Acquisti INPS e la recente Carta Risparmio Spesa). Tutto questo però, come detto, deve avvenire al riconoscimento relativo al decesso del pensionato; e questo riconoscimento dev’essere innanzitutto trasmesso all’INPS. Proprio negli ultimi anni di vita del titolare, spesso malato o nel pieno della sua incapacità motoria, si delega uno dei figli, un parente o la persona che si prende cura della sua assistenza per ritirare la pensione. Ebbene, accade che successivamente dopo la morte, si faccia lo gnorri e per i più vari motivi, si continui a ritirare il rateo mensile presso l’ufficio postale. In realtà si sta perpetrando un reato, quello di truffa allo Stato, che oltre alla restituzione delle somme indebitamente percepite, consta di salate sanzioni amministrative e interessi. Per le legge, vanno restituite soltanto le mensilità percepite il mese successivo la morte del pensionato; significa che si potrà trattenere la pensione relativa al mese del decesso.