Cosa succede a ritirare l’assegno di un titolare di pensione defunto da poco tempo, quali possono essere le conseguenze
In caso di lutto non c’è spazio solo per i sentimenti e il raccoglimento, purtroppo le incombenze e gli obblighi previsti dalla legge sono diversi. Le conseguenze di una distrazione anche occasionale possono essere pesanti. Sia sul piano fiscale, che su quello legale e previdenziale non si possono evitare delle procedure burocratiche.
Uno degli adempimenti immediati è la comunicazione del decesso a una serie di uffici ed enti. Si comincia con L’Inps, poi le banche o l’ufficio postale e poi l’agenzia delle Entrate. Si scongiurano così contrattempi e noie anche dopo mesi o anni, inconvenienti che possono assumere dimensioni del tutto inattese e gravose, fino a procedimenti penali. Ma vediamo nel dettaglio.
Una delle prime questioni da affrontare in occasione della scomparsa di un congiunto è la comunicazione della morte all’Istituto di previdenza sociale che provvedeva ala calcolo e all’erogazioìne dell’assegno mensile della pensione. Appare un particolare non importante, ma può assumere dimensioni notevoli. Ad avere l’obbligo della comunicazione secondo la norma è l’Anagrafe comunale, entro 24 ore dall’espletamento delle pratiche amministrative e il medico che certifica il decesso, entro 48 ore.
Va ricordato che gli eredi hanno un obbligo concorrente con quello delle amministrazioni locali. La comunicazione è necessaria per consentire all’Inps di provvedere alla variazioni del caso, in tutte le lavorazioni coinvolte, e bloccare l’erogazione del trattamento pensionistico. Dopo di che copia del certificato di morte va fornita alla banca o ufficio postale dove era accreditata la pensione, al fine di impedire prelievi indebiti.
Banca e posta infatti bloccano il conto e attendono l’espletamento delle pratiche di successione. Infine la comunicazione del decesso va fatta anche all’Agenzia delle Entrate per l’apertura della successione. Per tornare alla pensione del defunto, la giurisprudenza indica che le pensioni accreditate dopo il decesso vanno restituite all’Inps anche se la comunicazione della morte del pensionato è stata regolarmente fatta.
Di norma le pensioni dello stesso mese del decesso non sono da restituire se già calcolate e pagate. In genere anche in caso di decesso nei primi giorni del mese o intorno alla metà non sono da riconsegnare. Ma se la morte avviene verso al fine del mese o a cavallo dei due, la pensione successiva non va ritirata e deve essere restituita all’Istituto di previdenza sociale.
Prelevare la pensione del familiare scomparso anche da poco tempo può quindi creare problemi. Si può configurare il reato di truffa o di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, quindi le conseguenze possono essere pesanti. In questi casi non basta dichiarare la propria buone fede, si rischiano sanzioni e interessi da pagare su quanto percepito in modo indebito.
La situazione si aggrava se si nasconde la scomparsa del pensionato alla banca o alla posta per continuare a percepire l’assegno pensionistico, anche semplicemente per affrontare le spese del funerale. I fatti di cronaca parlano di episodi di cadaveri scomparsi, sepolti in casa, abilemnte celati dai parenti per poter ricevere la pensione del defunto. Ma anche senza questi comportamenti, ritirare la pensione dello scomparso è un comportamento che può essere sanzionato.