Ecco come funziona ex bonus del premier Renzi, applicato oggi come bonus Irpef, nei casi di disoccupazione percepenti l’indennità prevista dall’Inps
L’odierna crisi economica e i correlati sviluppi (in senso negativo) della diplomazia nel “caso Ucraina” costringono molte famiglie a trasmettere al governo un grido allarme nei confronti delle derive prodotte dall’inflazione e dal calo dei consumi. Il pericolo, sin dall’inizio dell’escalation, è quella che si fletta la curva dell’accaparramento dei beni essenziali; una potenziale bomba sociale, insomma.
È noto come dall’esplodere del corso degli eventi, vi sia stata una strenua “corsa” di tentativi per contrastare e fermare le percentuali d’inflazione. A livello europeo, la Banca Centrale Europea ha adottato la classica terapia di innalzamento dei tassi di interesse; ma non è stata certo una cura rigenerante, soprattutto per i richiedenti di mutui per la casa e per le rate col picco all’insù di coloro che stanno restituendo il debito dopo l’acquisto della casa. In ambito previdenziale, sono state eccezionalmente rafforzate alcune misure già presenti e assieme sbloccati fondi straordinari per i vari contesti particolari.
Anche con la Naspi si riceve l’ex bonus Renzi?
Nell’articolazione della realtà concreta, la crisi non ha minato soltanto la rete finanziaria e dei consumi, ma ha avuto le debite ripercussioni sul mercato del lavoro, sulla flessione della produttività e sulla competitività nel contesto internazionale (mentre altri partner, o meglio, altri competitor prendono il volo). Come l’emergenza sanitaria da Covid-19, anche la crisi che inizialmente si è declinata nell’aumento sconsiderato delle bollette energetiche ha minato l’attività di non poche realtà economiche.
Pertanto, in linea con le tipiche conseguenze di simili circostanze, molti lavoratori dipendenti vengono trasmessi nelle liste della cassa integrazione; altri, invece, hanno subito il licenziamento. In un Paese dove il lavoro rappresenta la prima prerogativa costituzionale, la disoccupazione viene dipinta dalle attuali statistiche in toni drammatici (in particolare la disoccupazione giovanile). Nel frattempo il contrattacco passa per le buste paga, dove si cerca di migliorare gli importi destinati a mantenere le famiglie.
Nel contesto delle buste paga non esistono veri e propri aumenti dettati dallo Stato; esistono piuttosto misure che sostengono alcune tipologie di lavoratori dipendenti, oppure si applicano politiche di detassazione. Esempio di quest’ultima frontiera è rappresentato dall’attesissimo taglio del cuneo fiscale contributivo, ossia la doppia forbice volta ad allentare la pressione fiscale su alcuni redditi: 7% per i redditi lordi fino a 25mila euro; 6%, per i redditi oltre 25mila e fino a 35mila euro. A parte gli sporadici rinnovi dei contratti nazionali di categoria, uno dei rari aumenti avallati dallo Stato è costituito dal cosiddetto bonus Renzi, pari a 100 euro lordi immessi dall’INPS negli stipendi mensili. Con le modifiche in vigore dal 1° gennaio 2022, il trattamento integrativo è rinominato in “bonus Irpef” e viene concesso ai redditi lordi annui non più fino a 40mila euro, bensì soltanto al tetto dei 28mila euro. Il bonus “ex Renzi” si estende anche alla disoccupazione degli stessi redditi da lavoro dipendente, redditi assimilati: pertanto, ai disoccupati in regime di indennità Naspi, ai disoccupati in regime Dis-coll; ai disoccupati agricoli. Fino alla durata dell’indennità di disoccupazione, questi lavoratori beneficeranno del bonus, assieme alla novità 2023, ossia la rete di detrazioni, dai mutui alla sanità, alla casa.