Con il mese di giugno ci potrebbero essere delle sospensioni per il Reddito di Cittadinanza (RdC), qual è la situazione attuale
Si stanno concluedendo le erogazioni delle ricariche relative al mese di maggio, pur con qualche intoppo segnalato dai beneficiari, che già di parla delle prossime fasi delle lavorazioni che coinvolgono centinaia di migliaia di titolari della prestazione contro la povertà.
Gli accrediti del mese si suddivono solitamente con il seguente schema: intorno alla metà del mese arrivano le ricariche per i beneficiari che riprendono la prestazione dopo il periodo di sospensione successivo al rinnovo e per chi è alla prima mensilità in assoluto. Alla fine del mese l’Inps effettua tutte le altre ricariche degli aventi diritto. Ma quali sono le corcostanze che possono determinare delle sospensioni nei pagamenti. Vediamo qualche esempio.
Il primo motivo per una sospensione nel mese di giugno, lo abbiamo accennata poc’anzi. La norma prevede, dopo una prima fase di fruizione della misura della durata di 18 mesi, la possibilità del rinnovo. Ma con l’intervallo, tra un periodo e l’altro di erogazione, di un mese di sospensione nella ricarica. Dunque anche se il nucleo familiare continua ad avere tutti i requisiti richiesti dalla norma, è possibile che vi sia proprio il mese di sospensione prima della ripresa delle ricariche.
Altra condizione che comporta uno stop agli accrediti è il mancato aggiornamento della documentazione richiesta. Una delle cause più comuni in casi simili è proprio l’assenza dell’Isee in corso di validità entro i tempi previsti dalla normativa. L’Isee resta il documento di natura patrimoniale e reddituale più importante per la determinazione da parte dell’Inps dell’importo da versare al richiedente.
Quindi la documentazione irregolare o incongrua determina il fermo della lavorazione in attesa dei chiarimenti necessari. Anche la dichiarazione DSU (Dichiarazione siostitutiva unica) deve essere aggiornata e on corso di validità, anche in questo caso si rischia lo stop delle ricariche. In tali situazioni la difficoltà si può superare fornendo tutte le documentazioni necessarie, in corso di validità e aggiornate. Fatto questo le erogazioni riprendono normalmente. Molto più complessi i casi di revoca. Vediamo qualche esempio.
Quelle appena descritte sono situazioni connesse a documentazione parziale o non aggiornata, per le quali la soluzione è relativamente semplice. Molto più complesse le condizioni di revoca della misura in presenza di comportamenti illeciti o sanzionabili dalla legge o non conformi alla normativa per l’ottenimento del beneficio.
Queste condizioni riguardano tutti i componenti del nucleo familiare e non soltanto il richiedente. Per fare un esempio pratico la mancata firma della Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (Did) determina il blocco nell’erogazione del RdC. Così come sono derteminanti la mancata firma del Patto di lavoro o del Patto di inclusione sociale.
Anche l’assenza dai percorsi di formazione e aggiornamento lavorativo proposti dai Centri per l’impiego, la non adesione ai Progetti di utilità alla comunità (Puc), il rifiuto della prima offerta di lavoro definita congrua comportano lo stop della misura. Vi sono poi comportamenti che determinato addirittura le condizioni per un reato penale come le false dichiarazioni o le omissioni di informazioni per l’ottenimento della prestazione.
Anche con la mancata comunicazione di variazioni nella condizione lavorativa, reddituale o patrimoniale si rischia una sanzione penale con la revoca definitiva del RdC. In queste situazioni infatti non c’è solo il blocco, ma la revoca definitiva della prestazione e la rstituzione delle somme ricevute indebitamente.