Ecco come funziona e quali sono le principali utilità della piattaforma brandizzata Google, dedicata alla raccolta delle foto. Di cosa si tratta
Al centro della vita di un individuo possono esserci, sì, principi ed ideali, e tanto altro di nobile. All’atto pratico, però, la tecnologia trasforma l’individuo in un’identità definitiva da utente. Se in pochi decenni i tratti di una personalità sono passati dall’essere intercettati per quel che si dice, per come ci si veste, per quello che si legge (perché no), oggigiorno la persona è “fatta” da quello che guarda (ossia dai contenuti che assorbe dal piccolo schermo di una tv o dall’interfaccia della rete, fino alla contingente adesione di quello che la tecnologia fa per lui.
Non si sta parlando di un futuro remoto, piuttosto dell’applicazione oltre ogni teoria, di tutti i giorni. L’utente ha indubbiamente delegato una parte essenziale delle sue funzioni e azioni al servizio della “memoria” universale delle Rete, così come al margine di interazione con la realtà ovviamente offerto da vari dispositivi, ma uno su tutti è l’organo artificiale che accompagna la quotidianità di ciascuna persona: ossia lo smartphone. È un apparecchio che segna il punto di non ritorno della comunicazione.
È difficile parlare di “comunicazione” nel senso convenzionale del termine, visto che lo smartphone rappresenta l’onnicomprensione di funzioni che spesso trascendono la comunicazione. O al contrario, il livello si arresta prima di considerarla tale. Dunque lo smartphone è di fatto il complice delle nostre azioni: sì, si può scambiare quattro chiacchiere con una telefonata, ma in realtà il vero dialogo scorre nell’astrazione delle sue molteplici applicazioni. In primis, ci si riferisce ai servizi di chat istantanea, come WhatsApp.
Ecco dunque che la comunicazione perde perlopiù la verbalità per sostituirsi alla scrittura veloce, velocissima, cosiddetta “intuitiva” (per il suggeritore automatico del telefono cellulare, non per la riflessione del possessore). E poi, il resto: dalle app per contare i passi e misurare il battito cardiaco, per riconoscere i fiori da una foto scattata o una canzone dalle note intercettate dal microfono; infine (ma non per importanza), l’app per l’home banking, ossia quella che sostiene gli acquisti al posto della fisicità del contante o della banda di una carta magnetica.
Ma ovviamente lo smartphone è utilizzato anche per un’azione estremante centrale nella personalità dell’individuo 2.0: la fotografia. Aiuta a sostenere la comunicazione e la qualità della propria personalità publica sui social, tanto quanto a saziare la diffusa fame di immortalare qualsiasi cosa, per ragioni più o meno utilitaristiche. In passato, i rullini di una macchina fotografica analogica (o meglio il loro costo) avrebbero condannato chi scatta ad un’indispensabile economia. E dove riporre le migliaia di scatti prodotti in un solo anno? Nella memoria, nella carta microSD, si potrebbe rispondere. Anche nella estensione della memoria, esiste una voracità che nessuna scheda fisica può colmare. Ci pensa invece Google Foto, il servizio di archiviazione delle immagini presente nel portale più famoso. Ogni utente può accedere con le stesse credenziali utilizzate per accedere alla casella di Gmail o al servizio di memoria Google Drive. Google Foto è spesso utilizzato come strumento di backup, al fin di liberare spazio sullo smartphone (oltre a non perdere nulla in caso di smarrimento o guasto dello stesso). Selezionando la voce Impostazioni di Foto, occorre impostare su ON per attivare la voce Backup e sincronizzazione. La sincronizzazione si può effettuare per le foto di WhatsApp, come per la memoria dello smartphone, ma anche per Instagram.