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Bonus e Incentivi

Assegno unico, in quali casi si rischia di restituire soldi

Questi sono i percettori del sostegno alle famiglie che rischiano a breve di dover dare indietro gli importi ricevuti. Ecco quali sono i motivi

Assegno Unico (Foto Adobe – pensioniora.it)

La famiglia costituisce la realtà sociale al quale l’attuale governo ha manifestato particolare interesse. Non solo; nella prima legge di bilancio dal suo insediamento, l’esecutivo guidato dal premier Meloni ha inserito norme specifiche a tutela delle garanzie minime dei nuclei familiari, ma soprattutto una rete specifica di incentivi destinata alle famiglie numerose. Per essere più precisi, il risvolto della medaglia presenta dei tratti disincentivanti all’interno delle iniziative rivolte, ad ogni modo, alle famiglie meno “nutrite”.

Tale istanza è stata inserita in numerosi contesti legislativi; non è escluso nemmeno l’ambito delle pensioni. Infatti, su quest’ultimo tema, non è passata inosservata e non senza malumori la modifica dell’Opzione Donna, il dispositivo previdenziale per la pensione anticipata dedicata alle lavoratrici. Lo strumento previdenziale, così come oggi appare, prevede che un nuovo congedo anticipato per le donne che raggiungeranno i 35 anni del versamento richiesto dei contributi al 31 dicembre 2022: giunge all’età di 60 anni per le dipendenti e le autonome senza figlio; a 59 anni, per le donne con un solo figlio; a 58 anni, dai due figli in poi.

Assegno unico, perché l’Inps sta richiedendo la restituzione dei soldi

Assegno Unico (Foto Adobe – pensioniora.it)

In realtà, come si osserva oggigiorno, le misure, anche quelle più impopolari, non si determinano soltanto per le fisiologiche risultanze ideologiche; a prendere posizione è il livello di copertura dei fondi per garantire le nuove politiche economiche. Per questo, dopo una legge di bilancio che ha impegnato due terzi delle risorse statali per affrontare la crisi delle bollette che si è scaricata sui cittadini per oltre un anno, si è passati alla determinazione della Rottamazione quater, ossia la nuova rottamazione delle cartelle esattoriali.

D’altronde, occorre fare cassa. Lo stesso attuale periodo offre varie dimostrazioni in tal senso. In primis, bisogna sottolineare la trasformazione del Reddito di Cittadinanza; o forse sarebbe meglio parlare della sua vicinissima sostituzione con la MIA, la misura di inclusione attiva. Cambia la logica: dal 1° gennaio 2024, la platea che concorre a beneficiare del nuovo strumento gestito dall’INPS, verrà divisa in due categorie associate alle due sottomisure: i soggetti occupabili ai quali si destinerà il Supporto alla Formazione e Lavoro; i soggetti non occupabili, ai quali verrà fornito l’Assegno di Inclusione.

Dunque, la chiusura di maggio ha definito il primo degli ultimi passaggi conclusivi del Reddito di Cittadinanza, in vigore dal 2019: l’ultima chiamata, ossia l’invio dell’ultima domanda per poter richiedere il versamento delle ultime sette mensilità: le competenze che vanno da giugno a dicembre 2023. Nel frattempo, vecchi e nuovi percettori sono sotto la lente dell’attuale maratona di controlli. Simultaneamente, l’INPS sta sbrigando l’ingorgo delle somme che deve restituire agli utenti interessati dai conguagli. Attenzionata la cumulabilità con l’Assegno Unico, lo strumento di sostegno alle famiglie con figli minorenni e disabili a carico. In particolare, le verifiche si soffermano sulla regolarità dei modelli RdC Com-AU inviati telematicamente all’INPS. Potrebbero essere i percettori a dover dare indietro i soldi nel caso validino le richieste dell’INPS: potranno rivolgersi per la rateazione della restituzione; al contrario, possono procedere al ricorso amministrativo. Le ragioni delle presunte irregolarità sono dettate principalmente dalla variazione dell’ISEE, prodottasi con la rideterminazione della somma spettante al genitore escluso dal nucleo ISEE del minore. E ciò ha generato un differenziale negativo nei confronti dell’utente.

 

 

Pubblicato da
Roberto Alciati