Come funziona la successione che riguarda il TFR? Scopriamo tutti i dettagli in questo articolo di PensioniOra
Tutti coloro che in Italia svolgono un lavoro da dipendenti e cessano, per qualunque causa il rapporto di lavoro, hanno diritto al Tfr conosciuto, comunemente, con i nomi di liquidazione o buonuscita. Si tratta di una retribuzione differita dal momento che il dipendente ne matura una parte per ogni mese d’impiego: è il datore di lavoro ad accantonare la cifra e versarla nell’apposito fondo INPS.
La cifra della liquidazione è rivalutata di anno in anno ed è poi pagata in un’unica soluzione quando il rapporto di lavoro cessa. Alla morte di un lavoratore la famiglia spesso si chiede se anche il Tfr sarà ereditato. Diciamo subito che il Tfr non fa parte del patrimonio ereditario lasciato dal lavoratore e, a causa di ciò, che la sua ripartizione non segue esattamente la successione prevista per tutti gli altri crediti.
Per quanto riguarda il Tfr, la successione è indipendente dall’eredità vera e propria, seppur il meccanismo di suddivisione sia molto simile. Anche il testamento deve rispettare limiti ben precisi: ad esempio non si può scegliere del tutto liberamente chi eredita il Tfr. Dunque il Tfr non fa parte dei beni ereditari e dunque alla morte del lavoratore non segue le classiche norme sulla successione.
E’ l‘articolo 2.122 del Codice Civile a disciplinare la successione del Tfr. Secondo tale articolo alla morte del dipendente il datore di lavoro del defunto deve corrispondere il Tfr al coniuge; ai figli; ai parenti entro il 3° grado (se conviventi e a carico del lavoratore); e agli affini entro il 2° grado (se conviventi e a carico del lavoratore). Se mancano questi soggetti il Tfr deve essere distribuito secondo la successione legittima o il testamento.
A conseguenza di ciò il lavoratore può scegliere a chi dare il proprio Tfr soltanto in mancanza di figli, coniuge e gli altri parenti e affini indicati. Quindi se il lavoratore ha coniuge e figlio non può decidere autonomamente sull’eredità del Tfr e un eventuale testamento non sarebbe quindi nemmeno preso in considerazione per la ripartizione del Tfr. Quando il lavoratore non lascia nessuno dei beneficiari, allora viene applicato il testamento.
Il lavoratore però può scegliere in modo libero la quota di ognuno, purché non includa persone differenti da quelle previste e viceversa non le escluda. In caso di disaccordo tra i beneficiari la ripartizione può essere stabilita dal giudice. Ricordiamo, poi, che il Tfr può essere anche richiesto dai creditori del defunto, purché siano legittimati in tal senso. Questo principio non è espressamente previsto dal Codice civile, ma è un orientamento ormai consolidato dalla Corte di cassazione.
Infine, ha diritto a una percentuale del Tfr anche l’ex coniuge divorziato: in questo caso l’ex coniuge ha diritto al 40% dell’indennità riferita agli anni di matrimonio. Tutte le persone aventi diritto possono richiedere la propria quota spettante di Tfr direttamente al datore di lavoro. Per farlo basta inviare la richiesta con una raccomandata a/r (o una pec) con i dati del lavoratore, certificato di morto, rapporto di parentela, dati per il pagamento, stato di famiglia etc.