Secondo le ultime novità introdotte nell’ordinamento previdenziale, questi lavoratori impegnati in queste mansioni potranno congedarsi prima degli altri
Il mondo del lavoro è costituito da un universo di sfaccettature, una molto diversa dall’altra. Lo sanno bene i diretti interessati e lo sanno bene i pensionati, i quali, giunti al termine della carriera professionale e ottenuto il riconoscimento del trattamento previdenziale, acquisiscono mensilmente un rateo frutto di una determinata tipologia di pensione. La particolarità principale è data dalla quantità di contributi.
L’aspetto quantitativo dei contributi da versare all’INPS si traduce in anni – molti anni – di svolgimento – più o meno – della medesima mansione. È alquanto difficile, oggi, immaginare una lunga carriera lavorativa che abbia tratti così lungamente continuativi, rispetto ad un mercato del lavoro che esaurisce sul medio-breve termine la funzionalità di un contesto professionale, e quindi di occupazione.
In pensione già a 61 anni, ma l’uscita è riservata a queste carriere
Il senso di un accorciamento della carriera professionale, non è dato solamente dal principio di flessibilità; di base, è un mercato del lavoro, e da conseguenti politiche, non certamente in buona salute, che finisce per produrre precarietà e al contempo impedisce alla giovani generazioni di lavoratori di accedere per tempo alle collocazioni occupazionali, con ciò che ne deriva in termini sociali.
Al contempo, le politiche sul lavoro devono scegliere tra la fuoriuscita anticipata di lavoratori già in odore di pensione per favorire nuovi e freschi accessi, e trattenere gli stessi perché non c’è sufficiente credito per alimentare le erogazioni delle casse INPS. Un cane che si morde la coda, si direbbe. Con l’attuale sistema contributivo, i contributi versati dai datori di lavoro ma trattenuti dallo stipendio, servono in fondo per pagare le pensioni di oggi.
Per soddisfare i trattamenti previdenziali di domani, occorrerà il coinvolgimento dei futuri lavoratori (concesso che ne nasceranno, con una popolazione sempre più vecchia). Ma per alcune mansioni, anzi per i loro lavoratori, è impossibile il canonico congedo per la pensione di vecchiaia, ossia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi versati. I cosiddetti lavori usuranti e gravosi prevedono fuoriuscite anticipate: con l’attuale riforma, non bisognerà raggiungere il tetto dei 43 anni di carriera, né i 67 anni di età. Lo scivolo permette l’uscita a 61,7 anni di età, con 35 anni contributivi; in alternativa, 63 anni di età e 32 o 36 anni di versamenti. Sono chiamati alla conferma delle prossime modifiche previdenziali lavoratori come: autisti dei mezzi di trasporto pubblico; gli operai della linea a catena; fornai, camerieri e i baristi dei locali notturni; carrozzieri e imbianchini alle prese con prodotti spesso tossici.