L’ordinamento giuridico non pone particolari paletti alla scelta, a meno che un mancato accordo porti alla decisione vincolante del giudice. I particolari
Oggigiorno le famiglie devono affrontare un notevole pacchetto di spese. È vero, lo sono sempre state, ma mai come in questo frangente storico i costi della medesima natura del passato si sono appesantiti sotto la pressione di un costo della vita via via più caro, alle soglie dell’insostenibilità. Si potrebbe sostenere che anche le spese, in fondo, risentono annualmente di una rivalutazione ISTAT su base inflazionistica.
Per non parlare poi che le voci di spesa crescono esponenzialmente in presenza di uno o più figli; perché tanto costa qualsiasi supporto legato alla crescita, al sostentamento, alla maturazione, all’istruzione. Sono spese pressoché correnti, quali lo sono gli esborsi per mantenere in ordine e vivibile l’ambiente di casa; e ancora, ciò che è dovuto per intrattenere le relazioni della vita: insomma, anche spostandosi in auto.
In fondo, all’interno del contesto familiare, il veicolo di proprietà fa parte del patrimonio; a a suggellarlo, tanto di intestazione documentata ed inoltre il fatto che nel caso della successione dei beni, questo bene mobile venga regolarmente trasmesso ed assegnato dopo l’accettazione da parte del legittimo proprietario. Ancor prima, l’automobile rientra tra i primi acquisti effettuati dalla coppia appena sposata, il quale è soggetto al regime di comunione o di separazione dei beni (a seconda della scelta).
Proprio in caso di divorzio, la variabile del regime sul possesso dei beni diviene fondamentale. Quando la cessazione definitiva del rapporto avviene sotto la comunione dei beni, ogni bene viene equamente diviso; tranne per quei beni indivisibili per i quali occorre assegnare l’utilizzo ad uno dei due coniugi, tramite un accordo consensuale. In mancanza di tale accordo, ci pensa il giudice a dividere i beni tra i coniugi che divorziano.