Un po’ come per il vecchio sostegno, anche per la nuova modalità di aiuto al reddito sarà fondamentale prestare attenzione a questo servizio
Non c’è dubbio che nel pieno del frangente storico che si sta vivendo, le misure economiche di assistenza al reddito hanno assunto un ruolo insostituibile per molte famiglie, ovverosia nei nuclei che si collocano nella fascia più svantaggiata della popolazione. Erogati dall’INPS, i principali strumenti economici sono frutto della prerogativa costituzionale di garantire a tutti i cittadini l’accesso ai servizi essenziali.
In quest’ultimo – che poi è per legge in cima ai doveri dello Stato – orizzonte, si colloca l’assistenza ai nuclei familiari; e quest’ultima è davvero garantita senza alcuna distinzione di ceto o reddito, se non per la congruità del contributo da ricevere. Emblematico è in tal senso l’Assegno Unico e universale, erogato alle famiglie di pensionati e lavoratori con figli minorenni o disabili a carico.
Dal 2019, poco prima dell’escalation sanitaria da Covid-19 (che si è rivelata anche una crisi di ordine economico), rappresenta – è doveroso dirlo – parzialmente un’ulteriore garanzia ciò che finora è stato conosciuto come il Reddito di Cittadinanza. A breve, si imparerà a chiamarlo con il nuovo nome della misura che dal 1° gennaio 2024 lo sostituirà definitivamente: la MIA, la misura di inclusione attiva.
A partire dal prossimo settembre la MIA si affiancherà al vecchio Reddito di Cittadinanza, che per la verità è sin d’ora un nuovo RdC. A definirlo, la legge di bilancio in vigore dal 1° gennaio 2023, per la quale si sono ufficialmente riversate le radicali modifiche di cui è stato oggetto il Reddito. Il cambiamento più importante è rappresentato senza dubbio dal numero di pagamenti: soltanto 7 mensilità, contro le vecchie 18 mensilità rinnovabili dopo un mese di stop.
La nuova MIA, su questo fronte, non è che la sommatoria di misure interne, divide per la tipologia di destinatati: principalmente, tra soggetti occupabili e non occupabili. Sul piano dei primi, la PAL, ossia la misura definita come la prestazione all’avviamento lavorativo, consta di un assegno mensile di 350 euro, per ora al 31 dicembre 2023. Come per il RdC, la PAL vuol dire soprattutto reinserimento professionale; infatti, i Centri dell’Impiego – illo tempore – hanno recepito il passaggio da tre ad un solo rifiuto della proposta, da parte del lavoratore. Nella PAL, il Decreto Lavoro ha inserito il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), ossia il suddetto assegno, il quale continuerà ad essere erogato soltanto se il percettore dimostra di seguire corsi di formazione, oppure partecipa a PUC, in alternativa ai requisiti (assenti) per ricevere l’Assegno di Inclusione.