Ennesimo grido d’allarme per la nuova ondata di raggiri e frodi online; a lanciarlo è ancora una volta l’INPS tramite il suo comunicato agli utenti
In un Paese demograficamente piuttosto avanzato come l’Italia, è opportuno valutare come la maggior parte delle generazioni si approccia e si sta approcciando alla rivoluzione tecnologica che ha offerto contributi decisivi alla fruizione dei servizi della Pubblica Amministrazione. Molti anziani – e non bisogna dare per scontato il rapporto flessibile con i dispositivi oggigiorno a disposizione di qualsiasi cittadino – si trovano ad interfacciarsi con fenomeni quali l’identità digitale.
SPID e CIE sono diventate insostituibili chiavi di accesso per ottenere con congruo tempismo una risposta alle istanze di contribuenti e soggetti previdenziali. Certo, di fatto, le alternative, quelle più “analogiche” non sono cessate, ma il loro netto ridimensionamento rischia di rendere la vita impossibile all’utente più sprovveduto. E non di gran lunga più agevole quella di chi – tecnologicamente disinvolto – deve fare i conti con il linguaggio dei nuovi mezzi, ma anche delle nuove truffe.
In fondo, il rinnovamento degli strumenti a disposizione dei cittadini in qualità di contribuenti, utenti, e – perché no – di consumatori, non ha riguardato il mondo della Pubblica Amministrazione, degli istituti di credito e dell’universalistica realtà virtuale del commercio; l’adeguamento 2.0 è approdato anche nel mondo sommerso delle frodi. Si sa, il processo è lo stesso della ricerca, la quale dai vantaggi dell’ambito militare si sposta sugli orizzonti civili.
Analogamente la truffa mutua letteralmente i dispositivi che in fondo vengono introdotti per garantire una tutela blindata delle informazioni personali. Bastano pochi ma essenziali dati per ricostruire l’intero profilo di una persona e con esso, scalare rapidamente la salita verso il conto corrente o qualsiasi altra forma di giacenza. Perché l’obiettivo è sempre lo stesso: svuotare il conto, svuotare le tasche delle persone.
Se necessario, anche clonando le identità, ossia rubando i cosiddetti dati sensibili. Per sottrarre più facilmente il nuovo oro di questo millennio, i malviventi hanno prodotto truffe. come il diffusissimo “phishing”, consistente nell’invio di una comunicazione (spacciandosi per banche ma non solo) via email, sms (in questo caso, si parla di “smishing”) o il vecchio contatto telefonico del falso operatore: l’intento è quello di prelevare le informazioni personali, comprese credenziali e password, verbalmente o con l’ausilio di un link posticcio dove compilare un form; il tutto per sbloccare una problematica del conto o di vecchi rimborsi attesi. Di false email ne arrivano sotto il brand dell’INPS e l’ente avverte gli utenti di fare attenzione: l’istituto non ha mai chiesto dati tramite gli strumenti sopracitati, ma per qualsiasi difficoltà, si limita a convocare gli interessati direttamente presso i suoi uffici.