Ecco quali prospettive stanno emergendo dal dibattito che dovrebbe chiudere la quadra sul Decreto Lavoro. Più vicine le modifiche sulle pensioni rosa
Il tema delle pensioni rappresenta un tema scottante in Italia, quanto lo sono i fattori che ne determinano i torni del dibattito: ossia la demografia di una popolazione sempre più anziana, nell’ottica che il drammatico calo delle nascite tradurrà nell’assenza di sufficienti leve di lavoratori in grado, con le loro occupazioni, di pagare (secondo l’attuale sistema contributivo), tramite i loro versamenti, i trattamenti pensionistici degli anziani percettori di oggi.
È vero anche che l’attuale sistema pensionistico non stimola il ricambio delle forze e delle competenze all’interno del mercato del lavoro; anzi, ne ritarda progressivamente l’uscita dei soggetti oltremisura occupati nelle loro mansioni, per via della discutibile applicazione del fattore rappresentato dall’innalzamento dell’aspettativa media di vita. Ciò costringe a transitorie misure correttive relative alle modalità di pensioni anticipate.
Opzione donna: quali novità in discussione
Tanto per le pensioni di vecchiaia quanto per le diverse modalità di uscita agevolata, sono le casse previdenziali, con il loro limitato credito, a porre il veto sull’ago della bilancia di questo delicatissimo meccanismo di migrazione. L’ultimo capitolo circa l’aggiornamento dei sistemi provvisori di pensione anticipata si chiama Quota 103, che permette di inoltrare la richiesta pensionistica dopo 62 anni di età e 41 anni di contributi versati.
Una delle grosse novità riguarda il fatto che dal 2024, permarrà il solo elemento contributivo dei 41 anni (infatti, già si parla di Quota 41). Ma l’attuale discussione che dovrebbe mettere al più presto un punto sul Decreto Lavoro da portare al Consiglio dei Ministri, presenta ancora diversi punti molto dibattuti. Tra questi, vi sono le proposte di modifica all’attuale Opzione Donna, già fortemente limitata dall’odierna legge di bilancio.
Le lavoratrici possono usufruire dell’Opzione solo se: licenziate o dipendenti in aziende oggetto di un tavolo di crisi aperto presso il Ministero; portatrici di disabilità pari o superiore al 74%; se assistono da non meno di 6 mesi, persone disabili conviventi, con handicap grave in base alla ex legge 104/1992. Per contributi raggiunti al 31 dicembre 2022, i requisiti impongono un’età minima di 60 anni (valida per dipendenti e autonome), a cui si applica l’anticipo di 1 anno per ogni figlio a carico, ma non più di due; l’uscita anticipata a 58 anni, se la donna ha due o più figli a carico o se disoccupata. L’ipotesi odierna parla invece di: prorogare i requisiti precedenti (35 anni di contributi versati entro 58 anni per le dipendenti, a 59 anni per le “autonome”); uscita anticipata a 58 anni per le categorie sensibili (invalidi civili, caregiver, invalidi civili e licenziate).