Ecco quanto è in potere di ciascun intestatario di prelevare da un conto alimentato con risorse comuni. Di quali correntisti si sta parlando
Negli orizzonti di una giovane coppia vengono alimentati molti progetti. Di certo, uno dei primi ad occupare i pensieri della quotidianità è quello concernente la ricerca di uno spazio autonomo dove poter dare espressione alla nuova vita in comune dopo tanti anni trascorsi individualmente presso le famiglie d’origine. In sostanza, si va alla ricerca di una casa, della prima casa, quella che potrebbe accogliere l’allargamento del nucleo con l’arrivo di un figlio.
Dietro tanti romantici desideri esistenziali, non bisogna ignorare che uno dei passi alla base per avviarsi a questo lungo percorso di vita, occorre definire il regime di acquisto di ogni bene. Sì, proprio così; una volta che la coppia ha ufficializzato il proprio rapporto con un matrimonio od un’unione civile, il possesso di ogni bene acquistato ricadrà sul regime scelto, ossia la comunione o la separazione dei beni.
Prelievo conto cointestato, ci sono dei limiti per ogni titolare?
Dalla suddetta scelta, deriverà un diverso diritto di proprietà su ogni bene condiviso, in primis la casa e il conto corrente. Questa o quella opzione definisce la condotta anche nel triste caso del pignoramento di beni mobili e mobili, producente epiloghi diversi per il coniuge che potrebbe pagare al posto dell’altro che ha contratto i debiti. Una delle basi su cui avviene il recupero delle somme è rappresentata dal conto corrente.
I due coniugi possono decidere di aprire un conto corrente cointestato, dove depositare le entrate prodotte individualmente ma condivise. Il vantaggio più evidente di questo conto è che evita di dover pagare la doppia spesa di gestione relativa a due conti separati. Inoltre, questo deposito non inficia sull’operatività di ogni singolo intestatario: disponendo a firma disgiunta, ciascuno può prelevare (e ovviamente versare) somme di denaro in piena autonomia.
Ciò non significa che un intestatario possa prelevare tutta la giacenza di un conto corrente a discapito dell’altro. Vi sono infatti dei limiti, che non sono fatti rispettare dall’istituto di credito, ma sono di natura legale, dunque stabiliti da un giudice; quindi, l’uno si vedrà costretto a restituire il maltolto in base alla quota di proprietà della giacenza. Vi sono però delle eccezioni, ossia: una procura esplicita firmata dai titolari, che consente il prelievo illimitato; la morte dell’altro titolare; l’incapacità di amministrare le finanze dell’altro titolare.