Trattamenti pensionistici INPS più alti per i percettori con nuclei familiari a carico, comprendenti i figli. Cosa sta cambiando nella previdenza
Oggigiorno è una realtà assodata quella che vede l’esistenza di nuclei familiari dall’età avanzata. Di cosa si sta parlando? Di quelle famiglie che sempre più prevedibilmente (nella vita) si ritrovano i figli a casa ben oltre le porte della maggiore età. Logicamente questo status prende troppo facilmente vita non certo per vizio o desiderio di essere mantenuti a vita; tutt’altro, si cela una vera e propria emergenza sociale che non fa bene innanzitutto al Paese.
Sono semplici da definire le cause se si vuol parlare chiaro: l’estremo ritardo all’accesso nel mondo del lavoro; stipendi inadeguati che costruirsi una vita autonoma con le spese annesse; contratti flessibili fino alla precarietà che non consentono di garantire impegni economici a lungo termine per investire sui personali progetti esistenziali. Non è raro che figli ultraquarantenni siano rimasti all’interno dello stato di famiglia d’origine, arenati nella disoccupazione o con redditi al di sotto del livello minimo di sussistenza.
Dal punto di osservazione dei genitori, innanzitutto tale stato dell’arte induce a mantenere il carico del proprio figlio in difficoltà non solo ad un’età avanzata, ma ad aiutarlo nel suo mantenimento e – perché no – nelle sue spese personali, diviene un impegno che vincola la pensione INPS. Attualmente gli importi sono stati revisionati dall’adeguamento ISTAT anticipato per una sostanziosa parte all’inizio del quarto trimestre 2022, allo scopo di soccorrere i pensionati investiti dalla corsa dell’inflazione.
Come è noto, le somme che si inizieranno a percepire al termine della carriera lavorativa, non sono scontate all’interno delle tabelle di riferimento, ma sono il frutto della contribuzione che va a formare il rateo, senza dimenticare l’età anagrafica, il tipo di professione ed eventuali interruzioni. Da quest’ultimo fronte, non vi è soltanto la fine di un contratto provvisorio, ma per i genitori si traduce nei congedi di maternità o di paternità, oppure nel congedo parentale.
Il calcolo dei contributi figurativi riconosciuti è stato di recente oggetto di modifiche da parte dell’INPS: non sarà più il minimale retributivo a riproporzionare l’accredito dei contributi (meccanismo della contrazione) durante il congedo di maternità o paternità. In tal modo lavoratrici e lavoratori con una retribuzione imponibile inferiore al minimale, potranno invece ottenere il riconoscimento del numero di settimane contributive inferiori a quelle lavorate. Il minimale del 2023 è pari a 53,95 euro.