Non bisogna fare l’errore di lavorare in nero durante la fruizione del reddito di cittadinanza, si rischia parecchio
Ancora pochi mesi di vita per il Reddito di Cittadinanza, infatti a inizio 2024 andrà in soffitta sostituito da una misura che ridurrà la platea dei beneficiari, la durata e l’importo del sussidio. Si tratta di una scelta molta discussa giustificata, oltre dai costi per i bilanci dello Stato e dall’inefficacia in termini di reinserimento sociale, dal numero eccessivo di raggiri e falsificazioni per ottenere e mantenere l’assegno.
In effetti, non mancano nelle cronache notizie di falsi nullatenenti o evasori fiscali che usufruiscono del reddito di cittadinanza come qualsiasi altro disoccupato onesto in difficoltà. Si parla di comportamenti censurabili, ma che coinvolgono una minoranza esigua dei beneficiari della prestazione. D’altra parte la legge prevede già da tempo pene severe in caso di false dichiarazioni per ottenere la prestazione.
Già nelle legge di conversione del reddito di cittadinanza del marzo 2019 è previsto che “L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni”.
Quindi chi lavora in nero, percependo redditi non comunicati all’Inps, commette un reato vero e proprio punito con il carcere da 1 a 3 anni. La conferma di questo articolo della legge sul reddito di cittadinanza è arrivata anche dalla Corte di Cassazione, nella sua sezione penale, confermando la condanna di un percettore scoperto a lavorare in nero.
A giustificazione del compartemento del condannato, non vale l’affermazione di non percepire con il lavoro in nero una retribuzione, ma saltuarie regalie. Anche compensi irregolari sono da comunicare all’Inps in maniera obbligatoria, per consentire all’Istituto di ricalcolare correttamente quanto dovuto al beneficiario.
Il divieto di svolgere un’attività in nero vale per tutti i membri della famiglia che percepisce reddito di cittadinanza. Questo perché la misura è riconosciuta per tutto il nucleo familiare e quindi tutti i suoi componenti sono tenuti a rispettare gli obblighi e i divieti della legge stessa.