Prosegue la sgradevole trafila dei contributi che non vengono accreditati ad alcuni percettori, ma potrebbero non esser soli. Cosa sta succedendo
Nella realtà italiana, l’inflazione continua ad essere sotto osservazione, sebbene pochi margini di azione si possono opporre alla frenetica maratona della sua crescita percentuale, se non quella di adeguare le entrate dei cittadini al costo dei consumi. Per contropartita, la soluzione finisce per costituire la paradossale malattia per le stesse casse dello Stato, ed in particolare per le casse dell’INPS, già ampiamente sotto pressione da almeno quattro anni.
Al fattore dell’inflazione, non bisogna distrarre lo sguardo dagli attuali eventi globali, con riferimento all’Ucraina e all’escalation della situazione bellica, oltre agli scossoni che ne derivano sui mercati internazionali, a partire dall’energia. Insomma, il percorso assistenziale intrapreso dallo Stato, a cominciare dal verificarsi degli eventi di emergenza sanitaria causa Covid-19, ha portato all’irrobustimento di diverse misure economiche di supporto.
Il supporto riguarda ovviamente quell’ampia torta di redditi medio-bassi, che soprattutto nel contesto familiare, hanno subito i peggiori effetti dalle varie crisi, mettendo a repentaglio direttamente la propria sussistenza, sia sul piano dei consumi necessari ed essenziali sia nella spesa altrettanto necessaria concernente il sostegno e la crescita (sotto tutti i punti di vista) dei propri figli.
A tal proposito, è stata salutata come una buona notizia il rinnovo dell’Assegno Unico e universale per i nuclei familiari con figli minorenni o disabili a carico. Il mese in corso rappresenta l’esordio della nuova tornata delle mensilità accreditate, mentre stanno terminando i pagamenti degli arretrati. Al contempo, l’INPS sta vivendo non poche difficoltà sul fronte dell’altra misura prorogata (soltanto per il 2023), ossia il Reddito di Cittadinanza.
Sono infatti circa due mesi, non soltanto in cui si stanno alternando le erogazioni delle mensilità mancanti nella loro ordinaria scadenza, ma che si stanno verificando veri e proprie interruzioni e blocchi a causa delle improrogabili verifiche, a quanto pare, tutt’altro che rapide. In qualità di controlli preliminari, essi impongono la “temporanea” sospensione delle erogazioni. Sono i Comuni a imporre queste prassi nel contesto delle periodiche verifiche sull’ISEE. Sono in primi gli Uffici Anagrafe dei Comuni di appartenenza ad esaminare i redditi, per poi trasmettere gli esiti all’INPS. Per portare a termine i controlli, gli uffici si riservano un tempo di 45 giorni. L’esito positivo sbloccherà la situazione di stallo, ed autorizzerà il versamento degli arretrati; l’esito negativo non farà portare alla convocazione del richiedente davanti al tavolo dell’INPS, per discutere su una possibile revoca. In tutto ciò, il tempo complessivo di attesa supera facilmente i 60 giorni.