La legislazione chiarisce quale reale posizione ricopre il figlio frutto di una relazione extraaconiugale all’interno della successione. I particolari
Nelle cronache da gossip delle grandi dinastie reali e industriali, il punto nevralgico della vita dell’albero genealogico è rappresentato quando è il momento di discutere sull’eredità. Certo, si parla di un contesto spesso complesso, sormontato da numerose dinamiche gestionali per una tipologia di patrimonio estranea alla gran parte dei comuni mortali. Decisamente diverso il punto di osservazione su una famiglia più modesta.
In tempi di crisi come questa, già una vita economica del nucleo familiare non particolarmente appagante può essere causa di forti problematiche concernenti la sussistenza. In effetti, a costituire uno spartiacque negli equilibri familiari è l’evento per eccellenza irreversibile e inevitabile: la morte di un familiare. Da questo punto di vista, le prospettive cambiano a seconda delle condizioni economiche.
Non sarà una vita facile quella dei familiari, se il lutto riguarda l’unico titolare del reddito in comune; in sostanza gli altri componenti non sono economicamente autosufficienti e non possiedono un reddito proprio. Nello specifico, però, l’INPS viene incontro all’obiettivo di mantenimento dei familiari nel caso in cui il de cuius sia stato titolare di un trattamento pensionistico; quindi, i membri in linea diretta e a carico riceveranno una quota del trattamento, ossia la pensione di reversibilità.
In mancanza dell’altro coniuge e dei figli, la quota pensionistica passerà a fratelli, sorelle ed eventuali genitori in vita se essi sono a carico del soggetto deceduto. Una trasmissione simile è quella dell’eredità. Dunque, se lo stesso soggetto è stato titolare di beni mobili e immobili, la successione dei beni investe in primis la vedova e i figli. Altrimenti, la legge è in grado, anche in assenza di un testamento, a regolamentare la trasmissione fino al sesto grado.
Dunque, sono coinvolti anche eventuali nipoti, nel caso la linea ereditaria sia scarsa di familiari. Ad ogni modo, i figli sono sempre coinvolti, anche quando sono frutto di un secondo matrimonio da parte del coniuge superstite; e che sia naturali o legittimi, ossia comunque riconosciuti. Questo è il principio che muove il diritto di un figlio nato da una relazione extraconiugale; se a suo tempo il soggetto lo ha riconosciuto, entrerà a pieno titolo tra gli eredi legittimi; altrimenti, in mancanza di riconoscimento, non potrà avanzare pretese dall’eredità del genitore defunto. A meno che la filiazione sia stabilita da una sentenza del giudice.