Se l’assenza di annunci presagiva il peggio per l’accesso dinamico ai servizi PA, la firma di questi giorni vale quanto un ripensamento. I dettagli
Tutti godono dei benefici della tecnologia, anche i più ostinati detrattori della “post-modernità”. In fondo, come per molte manifestazioni dell’esistenza, il rapporto più onesto nei confronti di essa è quello di amore e odio: spesso, infatti, la componente umana sembra schiava di algoritmi e meccanismi “blindati” dell’interattività; ma, d’altro canto, tempi e spazi vengono risparmiati dalla capacità di sbrigare le necessità telematiche ovunque ed in breve tempo.
In verità, individuando proprio un effetto collaterale nella quotidiana indigestione della tecnologia, si può esplicitare senza paura l’immensa quantità di password e chiavi di accesso, ciascuna prodotta dalla registrazione a questo o a quel servizio web, primo fra tutti, l’accesso al servizio di home banking per il conto corrente personale, oppure alle piattaforme nazionale di previdenza.
Il gran numero di passeword comprende ovviamente tutti quei siti web come le piattaforme di e-commerce. Insomma, prima di portare un po’ di semplificazione nei servizi privati, è bene prima occuparsi delle funzioni utili alla quotidianità messe a disposizione dalla Pubblica Amministrazione. Basti pensare come fino ad anni molto recenti, INPS ed Agenzia delle Entrate aveva rispettivamente le loro chiavi d’accesso per ciascun contribuente.
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Se sembra di stare a parlare in fondo di due password, bisogna anche rammentare la stretta frequenza con la quale esse andavano modifica. Negli ultimi anni, con l’introduzione dell’Identità Digitale, l’atteso processo di accorpamento è giunto finalmente alla realizzazione: in passepartout telematico per tutti i portali nazionali, oltre che per accedere all’operatività della giacenza in banca o all’ufficio postale.
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Il servizio SPID oggigiorno permette di seguire le proprie pratiche del cassetto fiscale, come quello del contribuente INPS. Tale chiave è ancora preminente sulla cosiddetta Carta d’Identità Elettronica (CIE). Di fatto, però, il mancato rinnovo dei contratti di convenzione hanno lasciato pensare che il governo Meloni volesse concentrarsi sulla CIE. Un addio allo SPID, insomma. E invece, né fumata bianca né fumata nera: la scadenza dei contratti è stata prorogata da aprile a giugno. L’intenzione, a quanto pare, è quella di giungere pronti a dar vita all’unificazione del sistema con la carta di identità elettronica.