La pensione di reversibilità è un diritto del coniuge – e non solo – superstite. Come deve essere richiesta ed entro quando
Al decesso di un coniuge, che sia pensionato o lavoratore, il superstite può richiedere, se ci sono i presupposti contributivi, la pensione di reversibilità, altresì chiamata pensione ai superstiti. Si tratta di una misura previdenziale a favore di coniuge, figli – se minori o studenti – genitori, ed in alcuni casi anche fratelli o sorelle. Il coniuge ha diritto al 60% della quota se è solo. All’80% se ha un filgio a carico. Al 100% se ha due o più figli a carico. Ovviamente una volta che i figli non sono più a carico del genitore quella quota viene sottratta. I figli ne hanno diritto fino al termine degli studi, ma non oltre il numero di anni previsto dall’ordine degli studi.
I genitori ne hanno diritto solo nel caso di indigenza e se non sono presenti né coniuge né figli. I fratelli e sorelle devono dimostrare di essere a carico del defunto e di essere inabili al lavoro. La pensione di reversibilità si distingue dalla pensione indiretta, che non è dipendente dai contributi versati, bensì da un’assicurazione che il defunto ha stipulato in vita.
Per ottenere la pensione di reversibilità il coniuge deve farne domanda esplicita all’INPS. Entro un anno dalla morte del coniuge. Dopo 10 anni i contributi accumulati vengono considerati non più riscattabili. La domanda deve essere completa di:
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La pensione di reversibilità deve essere richiesta una volta sola, e poi viene percepita per tutta la vita. A meno che non cambino le condizioni per cui ci sia la revoca, ad esempio nel caso in cui il coniuge convoli a nuove nozze.