Ci sono effetti penali per coloro che monitorano sotto ogni punto di vista le comunicazione che arrivano da app o altro; ma non solo le proprie. I dettagli
L’avvento della comunicazione così come si conosce oggigiorno, alla quale ha contribuito la rivoluzione tecnologica, ha profondamente modificato la natura delle azioni umane. Sì, perché non si tratta solamente dell’introduzione e del successivo consolidamento di nuovi paradigmi linguistici, ma anche di un esercizio di familiarizzazione – divenuto permanente – con dispositivi pressoché integrati alla dinamicità del corpo.
Basti pensare allo smartphone, che nel corso del suo sviluppo, ha guadagnato la scena di ogni momento della quotidianità di ciascuna persona, intenta a consultarlo o ad attendere un messaggio dalle numerose applicazioni e community social. Nel palmo di una mano, è possibile anche rispondere alle e-mail in arrivo alla propria casella di posta elettronica, quanto di interrogare un motore di ricerca senza l’ingombro di un pc.
In questo frangente storico, le funzioni di uno smartphone, sempre più in comune con quelle di un laptop e di un tablet, sono altresì oggetto dell’ultima frontiera delle truffe, ossia il phishing. I malviventi agiscono su messaggi di posta elettronica, sms e chiamate telefoniche per contattare gli utenti mettendoli in guardia, in nome di presunti operatori di banca o di altri affidabili istituti, su eventuali problematiche che potrebbero bloccare conti, carte, oppure versamenti da ricevere.
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Per sbloccare – ovviamente in modalità levantina – tale situazione, occorre compilare un form dei propri dati sensibili, fornito tramite un link che accompagna l’sms o l’e-mail (telefonicamente, tutto avviene a voce). Basta davvero poco per arrivare a svuotare il conto, o quantomeno clonare un’identità utile per altre azioni fraudolente. Ma sms, e-mail e molto altro a portata di mano, specialmente dal cellulare, può essere controllato da un partner.
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Senza il consenso dell’altro, e specialmente in caso di rapporti fatti di gelosia e di monitoraggi (se non spionaggi) ossessivi, questa attività costituisce un reato penale. Guardare il telefono di un’altra persona non è in ogni caso lecito, nemmeno se si tratta del proprio compagno o compagna. Si tratta di vera e propria violazione della privacy, tutelata dall’articolo 15 della Costituzione, sulla segretezza della corrispondenza; e nel Codice Penale, il realtà corrisponde all’ex articolo 615. Si può giungere anche alla condanna a 1 anno e 8 mesi di reclusione, come è successo di recente ad un marito che spiava la moglie. Non è consentito spiare nemmeno per provare l’infedeltà di un dipendente e la tutela è estesa anche nel caso dei profili personali di Facebook.