Può succedere che nel momento in cui si redige un testamento, il genitore intenda escludere uno o addirittura tutti i figli dall’eredità: quando è consentito
L’eredità rappresenta il complesso dei rapporti giuridici patrimoniali trasmissibili del defunto. Il codice civile disciplina due tipi di successione quella testamentaria e quella legittima: in assenza di un testamento valido, si applicherà quella disciplinata dalla legge. Ciò significa che se mancano le volontà del de cuius, le sue sostanze spettano al coniuge superstite e ai figli.
Se i figli sono due o più, a ognuno saranno assegnato complessivamente i due terzi del patrimonio ereditario e al coniuge rimane un terzo. Esistono diverse forme di testamento: olografo, pubblico e segreto. Quello olografo è scritto di proprio pugno dal testatore, il testamento pubblico, invece, è quello redatto dal notaio alla presenza di due testimoni. Infine, il segreto è compilato dal testatore e consegnato al notaio che lo sigilla in una busta chiusa.
Figli esclusi dal testamento: cosa stabilisce la legge
Nel momento in cui si redige testamento, l’interrogativo che spesso ci si pone è se è possibile escludere i figli dallo stesso. La diseredazione è l’atto attraverso cui una persona viene lasciata fuori dalle volontà testamentarie e di conseguenza dalla successione. Tuttavia, la legge vieta assolutamente tale possibilità quando si tratta dei figli e del coniuge.
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Questi, infatti, sono considerati eredi legittimari cui spetta, sempre, una porzione ereditaria, in virtù delle cosiddette “quote legittime”. Tra l’altro, la legge ha parificato la condizione dei figli naturali con gli adottivi. Essi hanno, dunque, i medesimi diritti, ed anche a quelli nati fuori dal matrimonio spettano gli stessi benefici. Inoltre, stesso discorso vale per i nipoti e pronipoti, anche in questo caso, infatti, la legge gli riserva una parte dell’eredità.
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Ci sono, però, dei casi in cui è consentito escluderli ossia quando il figlio è considerato indegno e viene diseredato. Ciò avviene nell’ipotesi in cui il figlio ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere il genitore o un suo discendente o ascendente. Oppure quando si sia ritenuto responsabile di una serie di azioni ignobili sempre nei confronti di questo gruppo di soggetti.