Il decesso sopraggiunto poco dopo l’ottenimento del trattamento pensionistico può dar vita a questo scenario verso il familiare superstite. I dettagli
Quando si parla di appuntamenti sul fronte previdenziale, all’inizio di ogni mese, possono emergere contingenti impegni dettati dalla rigida consuetudine del calendario fiscale dell’Agenzia delle Entrate e dell’erario, ma in ultima analisi, le date chiamano, senza eccezione temporale, soprattutto una numerosa fetta di cittadini: i pensionati. Febbraio non costituisce caso a parte, dunque in questi giorni la tornata delle pensioni è in regolare svolgimento.
Il mese appena apertosi ha confermato alcune novità recentemente introdotte e consolidate. Tra queste la più importante riguarda la rivalutazione ISTAT degli importi pensionistici, giunta alla seconda fase, proprio nei primi giorni dell’anno, dopo il primo incremento deciso secondo l’indice previsionale del 2 per cento nel mese scorso di ottobre. Nella precedente consegna dei ratei, l’ulteriore aumento si è basato sulla percentuale effettiva del 7,3 per cento.
Morte poco dopo la pensione, viene ugualmente riconosciuta la pensione di reversibilità?
Nel mese in corso si interseca anche il varo dell’atteso taglio contributivo del cuneo fiscale sulle buste paga dei lavoratori dipendenti. La forbice del 3 o 2 per cento per i redditi tra i 20 mila e i 35 mila euro non toccheranno i calcoli contributivi delle future pensioni. Di certo, chi riceve la pensione minima avrà ricevuto già dallo scorso mese l’aumento che ha portato la mensilità da 575 euro a 600 euro; ma solo se over 75.
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È peculiare di tale misura previdenziale che le erogazioni si interrompano non per motivi fiscali, ma di età; in sostanza, l’INPS cancella dalle sue liste il suo anziano percettore con il sopraggiungere della sua morte. Un evento, quello luttuoso, che scompagina gli equilibri n presenza di un nucleo familiare, specialmente se i componenti superstiti sono a carico del de cuius, poiché economicamente non autosufficienti.
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Da questo punto di vista, la titolarità di un trattamento INPS consente per legge di trasmettere una quota dello stesso ai familiari più vicini nella linea diretta col soggetto deceduto. Si parla della cosiddetta pensione di reversibilità, destinata in primo luogo al coniuge superstite e ai figli. In assenza di familiari, i destinatati sono fratelli e sorelle, oppure genitori ancora in vita. La vedova divide la quota nel caso vi siano uno o più figli. La normativa regolamenta il diritto alla reversibilità da parte dei superstiti anche in presenza di altri redditi cumulabili, riducendone progressivamente la quota parte destinata. Se il soggetto muore poco dopo essere andato in pensione, per i superstiti non cambia nulla: la reversibilità viene riconosciuta nel rispetto della maturazione di almeno 15 anni di contributi, o almeno 5 anni di contributi di cui 3 negli 5 anni precedenti il decesso; in alternativa: 780 contributi settimanali richiesti per la pensione di vecchiaia, oppure 260 contributi settimanali, di cui 156 nei 5 anni precedenti la data del decesso, richiesti per dal diritto all’assegno di invalidità.