Concentriamoci sul tema della reversibilità e su quanto potremmo prendere se a morire fosse proprio nostro marito: scopriamo insieme
Quando parliamo della pensione di reversibilità, facciamo in realtà riferimento a un tipo molto specifico di trattamento pensionistico e che scatta in aiuto a quelli che sono i superstiti di una persona cara che è venuta a mancare: sia questa un pensionato o un soggetto che non aveva ancora maturato il proprio diritto alla pensione. Ma, nel caso si trattasse di nostro marito, a quanto ammonterebbe la cifra di queste somme?
La prima cosa da specificare è che, in realtà, quando parliamo della pensione di reversibilità ci sono numerose clausole, trafiletti e soprattutto eccezioni a cui dobbiamo fare attenzione. Aspetti, insomma, che potrebbero rendere la procedura di riconoscimento un po’ più complessa di quanto siamo abituati a pensare. Proprio per questo noi di PensioniOra oggi siamo qui per scoprire insieme a voi a quanto ammonterebbe la somma di questi atti pensionistici in caso di morte del proprio marito.
Reversibilità, quanto se morisse nostro marito
Come abbiamo già detto prima, ci sono ben due situazioni in cui può scattare l’invio delle somme della pensione di reversibilità. La prima è quando viene mancare un soggetto pensionistico che lascia dunque i suoi risparmi ai suoi cari. La seconda è quando invece il soggetto in questione è un qualcuno che non aveva ancora raggiunto l’età sufficiente per avere diritto alla propria pensione: in questo caso le cose cambiano un po’.
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Affinché si possa percepire una pensione di reversibilità nel secondo caso, infatti, c’è bisogno che il soggetto in questione abbia maturato almeno quindici anni di anzianità contributiva e assicurativa, o cinque di anzianità assicurativa e contributiva di cui tre negli ultimi cinque anni precedenti al decesso. Ma, nel caso in cui il soggetto sia nostro marito, a quanto dovrebbe ammontare la nostra cifra?
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Ebbene, come prima cosa bisogna ricordare che un coniuge ha diritto alla pensione di reversibilità solo dopo un mese dal decesso, e questo vale anche in caso di separazione o divorzio. Nel caso specifico del coniuge, a lui spetta per la precisione ben il sessanta per cento rispetto a quanto il soggetto in questione avrebbe percepito se ancora in vita.