Ecco quale integrazione è in gioco se il trattamento pensionistico raggiunge questa mensilità troppo bassa. Di cosa si stat parlando
Il tema delle pensioni è un tema particolarmente dibattuto nella cronaca italiana, e forse perché, sebbene l’Italia sia una repubblica fondata sul lavoro, lo è di meno sui lavoratori, dato che la popolazione più numerosa – previdenzialmente parlando – è rappresentata proprio dai pensionati. In fondo, quella del trattamento pensionistico è la magnifica ossessione anche da parte di chi è appena entrato nel mondo del lavoro, certo del fluttuare delle regole e dell’instabilità, nel tempo, dei requisiti e degli importi garantiti.
Se si parla di una parola non definitiva, si può iniziare dal fatto che da molti anni l’Italia rincorre un sistema pensionistico davvero sostenibile per i cittadini. Almeno per il momento, però, i contribuenti debbono accontentarsi della spigolosissima Riforma Fornero. In mancanza – appunto – di una riforma unanimemente condivisa, la contropartita istituzionale di fronte a dei vuoti di progressione dei congedi lavorativi, è quella di passare da un sistema transitorio all’altro circa il pensionamento anticipato.
Il primo giorno del 2023 ha segnato l’esordio di diverse novità sul fronte pensionistico. In primis, occorre citare il varo della Quota 103, il sistema provvisorio di pensione anticipata che ha sostituito la scaduta Quota 102; ora, i requisiti minimi richiesti per ottenere la pensione consistono nel raggiungimento di 62 anni di età e il versamento di 41 anni di contributi. E questo, finché dal 2024 rimarrà valido soltanto il requisito contributivo (già si parla di Quota 41, infatti).
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Mentre si è scongiurato, ancora una volta, il ripristino sistematico dei requisiti pensionistici dettati dalla Legge Fornero – tuttavia è rimasta integra in ogni suo aspetto la pensione di vecchiaia – la legge di bilancio ha perfezionato talune sfumature contestualmente al taglio dei cuneo fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti: come l’arrotondamento a 600 euro delle pensioni minime per i percettori over 75, rispetto alle attuali 575 euro.
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Proprio per i trattamenti più bassi, i pensionati possono continuare a beneficiare, oltre che della tredicesima INPS (erogata a prescidere dal reddito), della integrazione relativa alla quattordicesima INPS. Non occorre farne richiesta, poiché è l’Istituto stesso che eroga la maggiorazione nei confronti dei pensionati di almeno 64 anni, con un reddito complessivo fino a un massimo di 1,5 volte il trattamento minimo annuo (Fondo pensioni lavoratori dipendenti fino al 2016) o fino a 2 volte (Fondo lavoratori dipendenti dal 2017). Le erogazioni avvengono d’ufficio sulla base delle gestioni dei redditi degli anni precedenti. In assenza di questi, il pensionato deve presentare un’apposita domanda di ricostituzione.